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Corriere Della Sera

Nossiter porta quattro vignaioli italiani a Berlino ... Quattro vignaioli visionari d’Italia al Festival di Berlino. Portati da Jonathan Nossiter, regista, passaporto brasiliano e statunitense, cresciuto in Francia, Grecia, casa a Trastevere con la moglie Paula, tre figli e il golden retriver Chet. Nossiter è diventato famoso con “Mondovino”, dieci anni fa, critica radicale all’industria del vino che stupì il Festival di Cannes, dove venne candidato alla Palma d’oro. Poi “Rio Sex Comedy” con Charlotte Rampling e ora un nuovo film-documentario, “delicato e piccolo”: 85 minuti sulla storia di quattro produttori di vino. Si chiama “Resistenza naturale”, domani la prima mondiale. Niente a che vedere con altri film vinosi diventati anche motori promozionali di territori, come “Sideways” per la California o “Un’ottima annata” per la Provenza. “Resistenza naturale” è un elogio degli italiani del vino naturale e, assieme un racconto della nostra cultura contadina vista con gli occhi del cinema. Tanto pessimista era “Mondovino”, tra descrizioni di affari e speculazioni, quanto giocoso è “Resistenza naturale. Perché - questa è l’idea di Nossiter - i 300-400 vignaioli naturali d’Italia sono artigiani, ma anche veri artisti moderni”. Arte concreta, seguendo il pensiero di Edith Wharton, l’autrice dell’“Età dell’innocenza”: “L’abitudine di considerare l’arte una cosa separata dalla vita è fatale nell’evoluzione del gusto”. Il film è uno dei tre italiani nella sezione Panorama, ed è stato inserito anche nella sezione Culinaria. Inizia con un colloquio nel “giardino magico” di un ex convento del X secolo, a Castelnuovo di Berardenga, provincia di Siena. Lì vive Giovanna Tiezzi, con il marito Stefano Borsa. È la figlia di Enzo Tiezzi, chimico pioniere dello sviluppo sostenibile (“Il suo libro, Tempi storici, tempi biologici, mi cambiò la vita”, racconta Nossiter). L’azienda di Giovanna si chiama Pacina: olio, ceci, farro, Chianti e Vin Santo. Nel film dialoga attorno a un tavolo con gli altri tre protagonisti: Corrado Dottori, vignaiolo di Cupramontana, nelle Marche, azienda La Distesa, autore del libro “Non è il vino dell’enologo” (DeriveApprodi); Elena Pantaleoni, un’ex libraia che sui Colli Piacentini guida la cantina La Stoppa, e Stefano Bellotti, “il Pasolini degli agricoltori”, della Cascina degli Ulivi, Novi ligure, provincia di Alessandria. Dialoga con loro Gianluca Farinelli, della Cineteca di Bologna. “Non è un film sul vino - premette Nossiter - ma sul rapporto tra cinema e agricoltura”. Non è un documentario, anche se racconta le vite e le idee dei quattro produttori. Ad un tratto una scena si trasforma in una novella grafica, realizzata da Chiara Pacini, l’ex compagna di Mario Monicelli. In un altro punto il regista lascia spazio ad un film nel film, girato dai figli di otto anni che lo prendono in giro, scherzando sul perbenismo ecologico. “Per “Mondovino” - riflette Nossiter - ho lavorato 4 anni, la metà solo per il montaggio. Ho girato 12 paesi, raccolto 500 ore di immagini. Questo film racconta una visione diversa del vino come prodotto di lusso, oggetto. Descrive un movimento di persone diverse una dall’altra che si pongono le stesse domande sul nostro rapporto con la terra”.
Spiega Nossiter: “Il vino occupava uno spazio bello e semplice nella vita di tutte le classi sociali. Negli ultimi 40 anni è stato sequestrato dall’industria chimica-farmaceutica che ha distrutto metà delle terre di questo pianeta. È diventato un atto culturale e di piacere, tra consumismo e snobismo. Trasformazione triste. Ma negli ultimi dieci anni c’è stata una risposta fortissima in Francia e in Italia. Con persone come Dottori che hanno abbandonano il lavoro in banca per tornare in campagna. Una resistenza etica a un sistema economico e politico sociale che non funziona, e non sto parlando dell’Italia, i problemi sono mondiali”. Il regista usa citazioni e spezzoni di Charlie Chaplin, Mario Soldati, Alfred Hitchcock, Roberto Rossellini, Gian Vittorio Baldi. Cosa sia il vino naturale lo spiega Giovanna Tiezzi nel film: “È più importante quello che non c’è di quello che c’è”. Ovvero niente prodotti chimici, solo uva e un po’ di anidride solforosa, a volte neppure quella. Il primo effetto è sulla salute, una benefica assenza di mal testa. “Risveglio di contadini illuminati - così lo definisce il regista - che ha contagiato anche grandi aziende in Francia, come Romanée Conti, in Borgogna. E anche in Italia si sta passando da un piccolo gruppo di “resistenti” a cantine storiche. “In Piemonte, ad esempio, Oscar Farinetti, a Fontanafredda, sta seguendo le regole vino naturale”. Succede in Italia, “la terra - ha scritto Edith Wharton in “Pienezza di vita” - in cui ogni cosa può accadere, tranne il banale, l’ovvio e il prevedibile”.

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