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Corriere Della Sera

Gli introvabili al Vinitaly (e gli autoctoni di Gardini) ... Il Vinitaly è un pianeta che appare e scompare in quattro giorni, una volta l’anno. Come tutti i mondi è diviso in classi. Domina la classe degli affari: 4.100 entità del vino, dell’olio, del cibo e dei satelliti che vi ruotano attorno, in un mare di bottiglie che occupa 100 mila metri quadrati.
La missione di questa classe è far conoscere, promuovere e vendere. In ordine sparso c’è poi la classe dei desideranti: 150 mila uomini e donne, i visitatori. Inseguono la passione per il liquido che più di ogni altro contiene racconti, e li trasferisce a chi lo beve. I desideranti quest’anno, dal 6 al 9 aprile a Verona, possono vivere l’avventura delle degustazioni guidate, mai così tante e interessanti. Per seguirle serve “l’anima assetata” descritta dal romanziere Henry Miller: “Suppone che un milionario possa godersi il cibo, o il vino, o le donne come un artista affamato? Per godere una cosa qualsiasi bisogna prepararsi ad accoglierla: ciò implica il desiderio, e il desiderio è qualcosa che occorre nutrire conducendo una vita ascetica” Ci sono due piccoli tesori da scoprire nelle degustazioni. Un vino che viene da Ischia, il San Lunardo, e uno valdostano, il Roussin de Morgex. “Un’occasione unica per sorseggiare un po’ di storia - racconta Ian D’Agata, direttore scientifico della Vinitaly International Academy, autore di The Native Wine Grapes of Italy (University of California). “Erano secoli che non si ricavano vini con questi vitigni in purezza”, sostiene D’Agata. “Mi occupo dal 2000 di autoctoni, passione che avevo fin dagli anni del liceo. Il Roussin è una uva rossa dalla pelle sottile, matura tardi ed ha una acidità alta, difficile da coltivare per i contadini di un tempo. Un giovane enologo, Nicola Del Negro, ha provato a rivinificarla, l’ha trasformata in un Metodo classico che mantiene i bei profumi di fragola. Il San Lunardo è invece risorto grazie a Giancarlo Carriero dell’hotel Regina Isabella. Voleva un vino unico, gli ho consigliato il San Lunardo. Con l’enologo Franco Mattera è stato così creato un bianco fresco, sembra un Trebbiano toscano”. L’appuntamento con la coppia delle bottiglie rinate si chiama “Grandi vini italiani da uve autoctone: vecchie e nuove annate e vini introvabili” (7 aprile, VinInternational). L’idea è che il mezzo migliaio di nostri autoctoni (siamo il primo Paese al mondo per varietà) “rappresenti un legame con le tradizioni e la società, un made in Italy allo stato puro che parla di noi al mondo”. Riservato a chi vuole scoprire il Bordeaux, il seminario di Vinitaly sui vini di Graves: 12 bottiglie, da Chateau Bouscaut a Domaine de Chevalier, raccontate dal presidente dell’associazione dei Crus Classés de Graves, Eric Perrin, assieme a D’Agata (6 aprile, 10.30, VinInternational). Il leggendario Chateau d’Yquem, frutto del connubio tra Sauvignon Blanc, Semillon e muffa nobile, sarà svelato nelle annate dal 2000 al 2011 assieme al secco Y che nasce da una selezione anticipata delle stesse uve (7 aprile, ore 11, Sala Tulipano). Sono una decina al giorno le degustazioni organizzate da Vinitaly, associazioni e testate giornalistiche di settore (innumerevoli quelle di produttori e importatori nei loro stand), libere o numero chiuso. La prima con i Tre bicchieri 2014 dal Gambero rosso (6 aprile, ore 11.30, Sala Argento). Poco dopo sono in scena i vini dell’Azerbaijan (“La vite torna a casa dopo 80 secoli”, ore 13, VinInternational Hall). Ancora dal mondo: gli “Straordinari vini da boutique australiani” (6 aprile, ore 15.15, VinInternational). Cronache di gusto di Fabrizio Carrera (7 aprile, ore 15, Sala Tulipano), darà spazio ai Vignaioli Indipendenti e alle loro storie. Mentre Civiltà del Bere con Alessandro Torcoli farà sfilare “I Maestri dell’eccellenza” (9 aprile, ore 10.30, sala Argento) Il titolo migliore è del Seminario Veronelli: “Il buono è la forma del vero”. 13 assaggi in ricordo di Veronelli (8 aprile, 15.30, sala Orchidea). Lasciata la fiera, le degustazioni continuano. Puntando ad esempio sulla lista dei vini “temporanea” di Luca Gardini. Il super sommelier apre domani in vicolo Due Mori il ristorante “Amo, voce al gusto”, con il socio Massimo Gianolli (“La Collina dei ciliegi”). Piatti veneti interpretati da Silvio Salmoiraghi e soprattutto 66 vini italiani a rotazione continua, tutti al bicchiere, “e con ricarichi contenuti, per valorizzare il grande e talvolta poco conosciuto patrimonio italiano, proporrò Pecorino, Passerina, Refosco, Pelaverga, Cococciola, e non solo”. Altri vini per “anime assetate”.

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