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Corriere Della Sera

Calici d’identità ... C’è stata una rivoluzione copernicana
in Friuli-Venezia
Giulia. E avvenuta a poco a
poco, cambiando la regione
dell’ex Tocai e del Picolit. La lettura
incrociata di Carlo Sgorlon e del
“New York Times” aiuta a capire. Con
il sottofondo della voce di uno dei
protagonisti del Nordest enologico,
Manlio Collavinl.
Il concetto di rivoluzione copernicana
ha il copyright di Sgorlon, l’autore
de L’armata dei fiumi perduti
(Mondadori) e de il vento nel vigneto
(Gremese). “Un tempo, quello della
Grande Emigrazione, ogni famiglia
contadina produceva qualche ettolitro
di vino per uso domestico nella
pergola dell’orto o della braida dietro
casa - scrive Sgorlon nel 2002 sul
Gazzettino -. Le uve erano quelle da
cui si spreme il cosiddetto fragolino,
ossia nate da vitigni che non richiedevano
cure speciali e resistevano alle
malattie. Oggi invece il Friuli è noto
in tutto il mondo per i suoi vini, i
bianchi in modo particolare. II Tocai,
il Sauvignon, il Verduzzo, il Ramandolo,
il Picolit, il Pinot grigio, lo
Chardonnay, il Riesling, ma anche i
neri, il Cabernet, il Refosco, il Merlot
sono tutti vini Doc apprezzatissimi e
acquistati dappertutto. C’è stata nel
mondo dei vini una vera rivoluzione
copernicana”.
Ora in Friuli-Venezia Giulia si produce
poco meno di mezzo milione di
ettolitri di vino Doc, in circa 8.600 ettari.
Meno vino rispetto al passato,
ma di qualità superiore. Le zone Doc
sono Carso, Colli Orientali, Collio Goriziano,
Annia, Aquileia, Grave, Isonzo,
Latisana, Lison Pramaggiore, Picolit,
Ramandolo, Rosazzo e Prosecco che è in realtà una Doc diffusa in più
regioni ed è l’unica con volumi in
crescita.
Manlio Collavini, classe 1937, è vignaiolo
dagli anni in cui da ragazzino
guardava il nonno produrre il suo
“spumante che chiamava champagne
e una specie di Refosco di Faedis
forse con un po’ di Pignolo”. Manlio
è stato un pioniere del Pinot grigio e
dei vini friulani esportati nel mondo
da Corno di Rosazzo, in provincia di
Udine. Dagli anni del boom economico
(“quando per vendere il vino a Milano
dovevamo spiegare prima di
tutto dove si trovava questo benedetto
Friul ”) ad oggi, 1,8 milioni di bottiglie,
170 ettari e un maniero cinquecentesco,
assieme ai figli Giovanni
e Luigi.

la malattia della filossera-racconta
Manlio, ancora a capo dell ’azienda
con il nome del nonno, Eugenio Collavini
-, poi si è ripreso con il Tocai.
Negli anni Cinquanta c’erano due vini:
bianco e rosso. Il primo si chiamava
sempre Tocai, anche se c’erano altri
vitigni; il secondo sempre Merlot,
ma era anch’esso un uvaggio. Negli
anni Sessanta sono arrivati il Pinot
bianco e il Pinot grigio: si puntava
più al risultato qualitativo che alla
garanzia dell’origine, come hanno
sempre fatto i bordolesi . Quindi c’è
stata la stagione degli autoctoni, io
mi sono concentrato sulla Ribolla,
che ho usato anche per lo spumante”.
Una strada indicata dal professor Gaetano
Perusini, che insegnava Filologia
romanza a Trieste e produceva vino
nell’azienda Rocca Bernarda, ora
di proprietà dei Cavalieri di Malta”.
“Il presente? “ È molto cresciuta -
riassume Collavini - la qualità di
certi bianchi e del Merlot (un vitigno
dal sedicesimo secolo nelle nostre
terre) che sfidano quelli di Pomerol.
Siamo piccoli qui in Friuli , nella vastità
del mercato mondiale quasi una
rarità, ma questo ha attratto l’attenzione.
Siamo però un po’ timidi, facciamo
parlare poco di noi”.
Poco conosciuti ? Quasi come
un’indiretta smentita è arrivato in
questi giorni un articolo del New
York Times dedicato al Friulano. Fino
al 2007 si chiamava Tocai, poi una decisione
dell’Europa costrinse a cambïare nome. Bruxelles decise di tutelare
il vino dolce ungherese che ha la
stessa denominazione . Per Collavini
“in fondo è stato un verdetto che ha
aiutato a far chiarezza e ci ha permesso
di esportare un grande vino bianco
facendolo identificare con il nostro
territorio”. Ma i contraccolpi ci
sono stati: si è dovuto “ricreare un
rapporto con il consumatore”, come
ha scritto il professor Vasco Boatto,
direttore del Centro interuniversitario
per la contabilità e la gestione
agraria nel saggio Il risveglio del Tocai
(Franco Angeli).
Negli ultimi sette anni i passi
avanti sono stati fatti . “Il Friulano è il
vino di punta della regione”, dice Elda
Felluga, figlia del patriarca Livio.
“Un vino che vale la pena di scoprire”, consiglia il New York Times.
L’inizio di una seconda vita per l’ex
Tocai. Un altro capitolo della “rivoluzione
copernicana” intuita da Sgorlon.

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