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Corriere Della Sera

L’avanzata bavarese nelle cantine italiane ... I tedeschi avanzano nel mondo del vino italiano. Per la nostra generazione, quella di Italia-Germania 4 a 3, i tedeschi erano il soldato milanista Karl-Heinz Schnellinger e Franz “Kaiser” Beckenbauer. Dodici anni dopo, nell’82, nelle tv dello stesso hotel al mare con la tifoseria divisa a metà, comparve Rummenigge. E Bergomi lo fermò, in quella notte del 3 a 1 a Madrid. Immagini sbiadite. La memoria? Ora, “dopo oltre mezzo secolo attraversato correndo, inciampando, ricominciando a correre con qualche livido in più, la memoria è reumatica” (Rossana Rossanda). Siamo noi a perdere, arrancando. E i tedeschi del bomber Mario Götze sono i nuovi pigliatutto. Nel calcio e anche tra le cantine: nuovi produttori dall’altra parte delle Alpi occupano le colline d’Italia. Hanno piani precisi, privi di ghiribizzi sognanti.
Ecco l’ultimo arrivato: Anton Börner, 59 anni, sposato con la piemontese Anna, quattro figli, presidente della Bga, la federazione del commercio all’ingrosso ed estero, una potenza con un milione e duecentomila di associati. Vicino alla cancelliera Angela Merkel. Odia la burocrazia italiana (“Da voi due anni e mezzo per un permesso edilizio, da noi tre mesi”). Nel 2004 ha acquistato 80 ettari di vigneto e 10 di ulivi a Velletri. L’azienda si chiama Ômina romana.
Il bavarese è alto, biondo, schietto, senza fronzoli.
Nel 2011 inizia la vendita.
Partito con 50 mila bottiglie, Börner è a quota 180 mila “e presto arriveremo a 400 mila con la nuova cantina e i nostri 26 dipendenti”. I vini? Tutti Igp Lazio, per ora 8, arriveranno tre spumanti, un Moscato passito e altri rossi, come il Cannonau. Lo Chardonnay 2013 profuma di pesca e mandorle, fresco, costa 24 euro. Il Ceres 2011 (Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon affinati in barriques) arriva a 82 euro.
“Troppo per un vino dei Castelli? Niente affatto - risponde l’imprenditore che guida un gruppo con 650 dipendenti a Ingolstadt, città dell’Audi -. Il prezzo racconta la qualità. Tanti anni fa Aldo Conterno mi chiese perché il suo Barolo non si vendeva bene in Germania. Costa troppo poco, gli dissi, 8 mila lire a bottiglia non lo fanno sembrare straordinario come invece è. Mi ascoltò, aumentò il prezzo e le vendite salirono”.
Come Börner la pensa un altro bavarese, Georg Weber, che ha la sua base italiana a Capalbio. L’azienda è la Monteverro, 27 ettari di vitigni francesi. Produce due notevoli rossi, Monteverro e Tinata (100 e 70 euro). Sono intensi, complessi e speziati, mentre lo Chardonnay (80 euro) ricorda albicocca e miele. Il consulente è Michel Rolland, il più famoso enologo al mondo. In Toscana c’è quella che la “Frankfurter Allgemeine” definì la Chianti Classico-Fraktion (il gruppo del Chianti Classico): ha tra gli esponenti Peter Femfert, gallerista d’arte da Francoforte, patron di Nittardi, la tenuta da cui Michelangelo ricavava le bottiglie da regalare a Papa Giulio II mentre dipingeva la Cappella Sistina. A Panzano, l’editore Konrad Schmitt si è accasato nella Fattoria Le Fonti. A Gaiole, il Castello di San Polo, con il rosso Cetinaia, è nelle mani di Katrin Canessa, della famiglia degli Henkel, multinazionale dei detersivi con sede a Düsseldorf. La Henkell di Wiesbaden possiede, invece, uno dei marchi storici del Prosecco, Mionetto di Valdobbiadene.

L’elenco potrebbe continuare. Per i tedeschi il vino italiano è una scoperta, per noi - che come racconta Rossanda in “La ragazza del secolo scorso” (Einaudi), da bambini inzuppavamo la mollica nel vino rosso perché “nelle Venezie si pensa che il vino fa crescere” - è memoria.

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