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Corriere Della Sera

Un anno tra i vignaioli, il Giro d’Italia di un regista ... Chi è Davide Vanni? Un pastore d’alpeggio, un blogger, un regista, un educatore esperto di bambini e autismo a Pordenone. Piuttosto che raccontarlo per quello che fa, è più semplice definirlo per quello che non ha: non ha un’auto. Ma ciò non gli ha impedito di partire per un Giro (in solitaria) dell’Italia del vino. Ogni tappa un vignaiolo da raccontare su Internet, dalla Sicilia al Trentino. Con una citazione di Rainer Maria Rilke scelta come guida: “Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascere dopo, e ogni giorno più definitivamente”. Cinque anni fa, mentre cercava un Refosco dal peduncolo rosso, Davide ha incontrato un vignaiolo friulano. Subito dopo ha deciso di lasciarsi tutto alla spalle per raccontare “i modi generosi e passionali di chi lavora la terra nel segno del rispetto e della semplicità”. Ha abbandonato il posto di lavoro: l’aspettativa dalla coop di assistenza durerà un anno. Ha chiuso la casa di Provaglio d’Iseo, in Franciacorta. Ora visita e filma un mondo invisibile in tv, in cui resiste la sapienza contadina. Alla fine produrrà un documentario. Il diario (viteinviaggio365.wordpress.com), è pubblicato sul sito della rivista di settore più colta, Porthos (www.porthos.it).
Prologo in Valtellina, e partenza dalla Sicilia. Un viaggio lento, senza troupe né sponsor. Davide dorme su vecchi treni e viaggia con autobus e traghetti. Il suo è quasi un percorso zen, alla ricerca di un ordine delle cose nella mappa dei filari d’Italia. Filma i gesti antichi della potatura, decifra le vite dei vignaioli, mangia con loro cibi semplici. Beve vini autentici, spesso davanti ad un fuoco acceso. Percorre con scarpe robuste un’Italia verde che si fa largo tra i capannoni. Vista dalla Valtellina dell’azienda Arpepe, con il Nebbiolo montano, il paesaggio appare in equilibrio tra campagna (sulla collina) e industrie (a valle): “Sembra che la bellezza appartenga ad una pluralità di stati e di sentimenti”. “C’è una sorta di irrealtà dettata dalla sensazione di trovarsi in un sogno — annota Davide quando incontra Giovanni Scarfone e il padre Carmelo, concentrato nell’innesto di Nerello Mascalese. Qui si produce un bianco imperdibile, il Faro. A Palermo, da Francesco Guccione, si parla del nome da trovare per la bottiglia in lode alla vendemmia. Si pensa a Machado, il poeta spagnolo: “Bevo e mi innamoro di quel vino che sa donarsi facile e non banale, che stimola ulteriori appetiti e che mantiene il vigore e la freschezza dentro e fuori”. Per proseguire bisogna spingere la jeep in panne. Tra le vigne i legami familiari si mostrano solidi. Come a Marsala, con Nino Barraco che “si affida alle parole del padre. Ascolta i consigli e lascia fare a chi prima di lui lavorava la campagna e gli ha insegnato il gergo e il gesto”. L’ambiente emoziona. Ecco Grotte, da Giuseppe Gueli, con il suo Nero d’Avola: “Come nel film di Peter Weir, “Picnic at Hanging Rock”, la materia ha preso forme inquietanti e nello stesso tempo affascinanti”. Ecco Pantelleria, e il “lago vulcanico le cui acque ricordano la bellezza degli atolli oceanici”, accanto allo Zibibbo di Salvatore Ferrandes. Ispirato, il regista-educatore scrive in versi: “C’è una lontananza interiore./ C’è una sospensione tra cielo e terra./ C’è una fatica che tiene insieme un uomo al suo passato”. Dalla Sicilia alla Calabria, nelle aziende L’Acino (Antonello Canonico) e ‘A Vita (Francesco De Franco). E in Puglia da Cristiano Guttarolo alla scoperta delle viti di Primitivo che “allungano le braccia al cielo in segno di scongiuro o preghiera”. In Campania si svela il Tintore, vino di Monte di Grazia: “Dentro ci sono il vento che passa attraverso i valichi, la natura minerale del vulcano, la roccia quasi dolomitica della montagna e la nebbia umida che sale la sera dal mare”. Il ritorno al Nord inizia dal Rossese di Antonio Perrino, a Dolceacqua. Continua con Lino Maga, l’autore del Barbacarlo, il grande vecchio dell’Oltrepò Pavese che cammina solitario nei campi: “Avrà certo qualcosa da dire a sé stesso, alla propria ombra e alla terra che calpesta e alle piante e all’erba e al cielo… agli spiriti”, annota Davide. In Valpolicella l’incontro è con Carlo Venturini di Monte Dall’Ora; sui Colle Euganei, nell’azienda Monte Forche, con Alfonso Soranzo (che dice: “Credo che i miei vini siano un po’ come me, chiusi, veneti, ma sono loro che dovrebbero parlare e nessun altro”). Il Giro d’Italia del vino continua: Matej Skerlj sul Carso, Eugenio Rosi in Trentino, il biodinamico Stefano Amerighi a Cortona, Marco Merli a Casa del Diavolo, nel Perugino. E altre mete ancora, cercando con Rilke, “il luogo della nostra origine”.

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