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Corriere Della Sera

Strette di mano, cibo e vino le mille insidie del protocollo ... Bevande alcoliche, nevrosi sulla sicurezza o una stretta di mano sbagliata: per il cerimoniale di Palazzo Chigi l’incidente è sempre in agguato. Come dimostra il compensato attorno alla Venere capitolina, la visita di un leader straniero può trasformarsi in uno “stress test” per il protocollo di Stato. Ma come lavora questo ufficio dietro le quinte? Quali studi lo ispfrano? E quanti sgambetti riesce ad evitare?
I testi “sacri” sono due. Il primo l’ha scritto Massimo Sgrelli, tra i predecessori di Ilva Sapora, e si chiama “Il cerimoniale moderno e il protocollo di Stato”. Non trascura neanche i dettagli, ad esempio “la superstizione del numero 13” o l’araldica. L’altro torno è invece opera di Leonardo Visconti di Modrone, “Consuetudini di cerimoniale diplomatico”. Vademecum a parte, è però soprattutto una questione di buon senso. Con aggiustamenti in corsa plasmati sui leader o sui precetti religiosi degli ospiti
I briefing preparatori di ogni visita ruotano soprattutto attorno ai percorsi. Quelli in giro per la città, o quelli utili a evitare incroci imbarazzanti (senza coprire le nudità delle statue). In più occasioni il cerimoniale di Palazzo Chigi, per dire, ha dribblato con discrezione statue e quadri per non urtare la sensibilità dei leader islamici. Altri tempi, rispetto a quelli in cui la “Battaglia di Lepanto” dominava uno dei saloni di Montecitorio senza provocare incidenti. Fu poi Fausto Bertinotti, nel 2006, a confinare la tela in un punto più defilato del Palazzo.
A far traballare i vertici è spesso il vino, proibito dall’Islam. L’Iran, il Qatar e gli afghani chiedono sempre di bandirlo dal banchetto. Ad altri - i giordani - basta non trovarsi di fronte un calice di “rosso”. Come gli alcolici, pure il cibo può provocare incidenti diplomatici. Niente carne di maiale, allora, e massima attenzione alle tecniche di macellazione vietate dai precetti. Per evitare rischi, il protocollo vira sempre più spesso verso piatti a base di pesce. Ma non basta. Alcuni leader islamici non stringono la mano ai ministri donne. La soluzione? Un gesto di saluto più “soft” con la mano vero il petto e senza contatto.
Anche l’ossessione per la sicurezza dei big mette a dura prova la tenuta del protocollo. Pare ad esempio che al termine dei summit i russi chiedano di avere a disposizione per altre 48 ore le stanze occupate da Putin e dai suoi uomini. La ragione? C’è chi ipotizza che serva a evitare che tracce biologiche e dna vengano catturati e magari utilizzati per “mappare” la delegazione. A volte, invece, è semplicemente questione di piccole “attenzioni”. Se un bilaterale coinvolge capi di Stato sudamericani, è meglio evitare una mise in cui domini il bianco: in America latina simboleggia il lutto. Il presidente boliviano, invece, chiede sempre di esporre il proprio stendardo, accanto a quello nazionale.
Infine Pechino. In occasione di una delle ultime visite in Italia, il cerimoniale di Roma è stato investito da una serie di curiose richieste. Tra queste, che il premier cinese venisse inquadrato solo dal basso, e il segnale trasmesso in differita di alcuni minuti. Proposta, però, bocciata.

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