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Corriere Della Sera

Il vino di Grisham diventa tecno … Judith incontra l’ex marito Sebastian in un bar da colletti bianchi. Due avvocati: lei in uno studio specializzato nella difesa di lesbiche, lui in un furgone con wi-fi e frigo, trasformato in ufficio. Sebastian è “L’avvocato canaglia”, protagonista dell’ultimo legal thriller di John Grisham (Mondadori). Lei beve due bicchieri di Chardonnay, per placare la tensione, nessun brindisi “sarebbe solo una perdita di tempo. Abbiamo bisogno dell’alcol, e al più presto possibile”. In un altro romanzo, “Il Broker”, Grisham catapulta una spia dall’Arkansas nella “calda e magica” Bologna: a pranzo nel ristorante Franco Rossi, con tortellini in brodo e filetto ai tartufi sorseggia un “vino fantastico, il Liano, da Imola”. Un Sangiovese con aggiunta di Cabernet Sauvignon, prodotto dal tenace Umberto Cesari. La scelta enologica di Grisham riflette il cambiamento del gusto internazionale (la potenza dei vini lascia spazio alla bevibilità) e coincide con l’evoluzione di Cesari. Alla versione rossa del Liano si è aggiunta quella bianca, proprio a base di Chardonnay, con l’aggiunta del 30% di Sauvignon Blanc. Vino sapido e fresco che trascorre tre mesi in botti grandi (al barbecue di ferragosto si accompagna alle carni bianche, mentre la versione grimshana si sposa con costata e filetto).
Gianmaria Cesari è il figlio di Umberto, ha 41 anni, una laurea in Economia e il master in Business administration a Los Angeles: versa nel bicchiere l’annata 2013 di Liano bianco. Poi, con il telefonino, controlla la cantina con 600 botti: è nuova, di 5.000 metri quadrati, e viene tenuta sotto controllo con una applicazione che permette di regolare a distanza umidità e temperatura. “È un luogo molto tradizionale e molto tecnologico assieme - racconta - ci sono occhi elettronici e getti di aria compressa che permettono di selezionare gli acini uno ad uno dopo la raccolta, scartando quelli imperfetti”.
L’azienda, puntando sul Sangiovese, è cresciuta tra i potenti delle cooperazione. “Ora esportiamo in 60 Paesi il 95% delle nostre bottiglie, 3,5 milioni l’anno. Lavoriamo su 180 ettari di vigneti di proprietà, altri 160 sono in affitto. Abbiamo 100 dipendenti”.
Tutto è iniziato da un’osteria.
“Mio nonno - racconta Gianmaria, l’amministratore delegato - alla fine degli anni Quaranta tornò da un periodo di lavoro in Brasile per una compagnia petrolifera e si dedicò a “Da Cesari”, che esiste ancora. Era anche una rivendita di vini. Venne acquistato un podere di 20 ettari. Siamo partiti da quella terra, con la vendemmia del 1964”.
C’era un cliente, in quella osteria, protagonista della cultura novecentesca. Era il pittore Giorgio Morandi: passava davanti al locale ogni mattina.
“Guardava le bottiglie vuote che gettavamo via - spiega Gianmaria - trovava ispirazione per i suoi quadri. Si fermava a bere e mangiare mortadella con il nonno. Per questo gli abbiamo dedicato una etichetta con un suo dipinto, Le Bagnanti, nella linea Moma”.
Nella cantina di Castel San Pietro arrivano le uve tipiche, Trebbiano, Albana di Romagna e Pignoletto; le internazionali, Merlot, Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Sauvignon Blanc. E soprattutto i grappoli di Sangiovese, che si ritrovano nel portabandiera Tauleto e nella Riserva, e poi in Liano, Laurento, Yemula, Ca’ Grande, Moma, Iove. E nel sorprendente Resultum, morbido e denso, che merita una citazione nel prossimo libro di Grisham.

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