02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

“Le divisioni frenano il Chianti E se nascesse il Toscano Rosso?” … Tantini importa i nostri vini in Australia: “Se si escludono Brunello e Classico per ristoratori e consumatori stranieri è tutto uguale, così finisce per vincere chi vende a prezzi più bassi”... In occasione di BuyWine, il salone dell’export dei vini toscani nel mondo in questi giorni alla Fortezza da Basso di Firenze, abbiamo chiesto un’opinione a chi vende i vini toscani in Australia. Piero Tantini, una laurea in economia, ex ristoratore di successo in Italia e da una decina di anni titolare della Godot Wines di Sydney, parla subito di “anni di positiva crescita per l’Italia e la Toscana soprattutto per quanto riguarda l’export nel mondo del vino”, ma mette in guardia per il 2017, anno in cui, “tra instabilità politica e finanziaria, si avrà sicuramente un riflesso non tanto sulle quantità del vino che il mondo anglosassone comprerà, quanto sul prezzo medio”. Tantini, secondo lei ci sarà una flessione del mercato per quanto riguarda il sino tosca-no venduto all’estero per questo nuovo anno? “C’è stata negli anni passati una crescita esponenziale nelle vendite nei Paesi anglosassoni in generale, ma...”. Ma? “Trump, Brexit, nuove diplomazie... Sono tutte grosse incognite che stanno entrando con forza in campo”. Vuole dire che ci sarà un calo delle esportazioni? “Assolutamente no, perché, parlo dell’Australia in particolare, ma vale per tutti i Paesi di lingua anglosassone, c’è un’attitudine verso l’alcol piuttosto costante”. Vale a dire? “La gente da quelle parti beve sempre, e con l’instabilità berrà comunque, ma a un prezzo minore. Sono popoli che da sempre hanno una risposta fortemente pragmatica rispetto alle variazioni economiche”. Quindi attaccamento comunque al brand Toscana, ma sensibilità maggiore nei confronti dei prezzi? “Sì, la Toscana si incastra in maniera interessante dentro a questa visione di un futuro pieno di incognite”. Perché? “Perché il brand Toscana è comunque fortissimo in Australia. Non può non esserci in ristoranti ed enoteche, ma c’è anche un gap di valore notevole fra le Doc importanti e quelle meno importanti”. Parlando dell’Australia, quali sono in particolare? “Brunello di Montalcino e Chianti Classico sono i vini generalmente accettati come fascia alta, mentre il Chianti generico e altre denominazioni vengono percepite invece come una commodity, ovvero sul mercato vengono considerate come un fornitore qualunque, che offre gli stessi prodotti dei concorrenti. A parità di offerta, il pubblico acquisterà al prezzo più basso”. La zona di Bolgheri? “Un’eccellenza che dà vita ai vini più iconici della Toscana, ma a quanto pare non basta in Australia”. Parliamo del Chianti. “Il Classico va alla grande, ma per il resto bisogna considerare anche un background negativo in termine di immagine degli ultimi decenni. E il Chianti è un mondo talmente variegato che tuttora proietta un’immagine che soffre un poco. Tutte queste suddivisioni fra prodotti accessibili e di super nicchia non è così facile da leggere all’estero, così il cliente ripiega sul prezzo”. Come ovviare? “Quando esci dal brand Brunello e Chianti Classico, per il consumatore e il ristoratore è quasi tutto uguale. Farei un brand generico "Toscana Rosso", che si venderebbe molto più facilmente, rispetto a denominazioni, che per noi italiani sono di classe e nicchia, come Montecucco o altre, alle quali però il cliente normale anglosassone non è interessato”. In Italia, ma direi in tutta l’Europa vinicola, ora i vini cosiddetti “naturali”, stanno riscontrando un successo mai visto prima sui mercati. In Australia il “naturale toscano” come va? “Anche qui c’è un orientamento generico verso il biologico e il biodinamico, con i consueti elementi contraddittori fra grandi e piccoli artigiani, dove vince il One man gang, ovvero quello che fa tutto da solo. I produttori toscani che propongo io, vanno quasi a ruba”. Quali sono, secondo lei, le strategie per fare crescere l’export dei vini toscani? “Difficile da valutare. In Toscana si fa già tantissimo a livello istituzionale per la promozione all’estero”. Più che in Piemonte? “Molto di più, basta vedere il successo ogni anno in Toscana delle presentazioni delle nuove annate di Chianti e di Brunello”. Ma si può migliorare? “Sì, lavorando sui social”. Cosa chiede il mercato australiano? “Il nuovo trend mondiale, assieme a organic e bio, sono i vini rosati. La Toscana non è la Puglia o il Lago di Garda, ma anche lì ci sono grandi rosati”. E i bianchi si vendono? “Al di là della storica presenza della Vernaccia, senza peraltro numeri roboanti, è faticoso vendere il bianco toscano. E quando lo chiedono, vogliono quello superiore”. Bollicine e vini da meditazione? “La bolla italiana al di là del Prosecco non si vende. Il Vin Santo, che come il Moscato di Pantelleria è l’immaginario del vino dolce all’estero, trova spazio nell’alta ristorazione”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su