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Corriere Della Sera

Obama a Milano, così da una cena (e da un’idea) inizia il gran ritorno di Barack … Per amore, ma non solo: perché l’Italia è una tappa del tour internazionale... Ha scelto l’Italia. Un po’ per amicizia. Un po’ per amore. Un po’ per convinzione. Non necessariamente in quest’ordine. Il ritorno di Barack Obama sulla scena internazionale ha come teatro Milano, la città che si è da sola messa sulle spalle la faticosa e incerta modernità del nostro Paese. L’amicizia è quella con Sam Kass, chef e consigliere per le politiche alimentari negli anni della Casa Bianca ma soprattutto vero ispiratore della campagna contro l’obesità e in favore di un’alimentazione sana, che è stata la cifra della first lady Michelle. È stato su sua insistenza che gli Obama hanno accettato l’invito a Seeds&Chips, la manifestazione pensata da Marco Gualtieri, che ambisce a diventare riferimento globale in tema di innovazione e sostenibilità del cibo. Ma probabilmente non se ne sarebbe fatto nulla, se Barack Obama non avesse con la penisola una questione di cuore. “L’Italia è parte di me stesso”, mi disse accogliendomi nello Studio Ovale nell’estate del 2010. Dal mitico viaggio in Europa all’inizio degli Anni Ottanta, alle visite da presidente, infatti, Obama non ha mai nascosto la sua passione per la storia e la cultura italiane, da Dante a Fellini in tema con la sua personalità onnivora. Che poi dell’Italia si siano innamorate Michelle e le sue figlie, probabilmente aggiunge in Obama ulteriore voglia d’emulazione: per coronare il viaggio, Barack e Michelle Obama si concederanno quattro giorni a Borgo Finocchietto, il borgo medioevale che John Phillips e sua moglie Linda Douglass hanno fatto rinascere dalle rovine in un altro luogo prediletto per l’ex presidente, secondo il quale “la luce della Toscana è unica al mondo”. La convinzione è quella che porta l’ex presidente a credere nei talenti e nelle potenzialità dell’Italia. “Una sera voglio incontrare degli italiani interessanti”, disse a John Phillips, il suo ambasciatore a Roma, in una delle sue visite ufficiali in Italia. E quello gli organizzò una serata privata con Renzo Piano, Fabiola Gianotti, Antonio Pappano, John Elkan. Obama gradì molto, nonostante ci fosse pure l’italo-americano Italo Zanzi, amministratore delegato dell’As Roma e pure repubblicano. Prova del nove di quanto creda nell’Italia, la cena di ieri sera all’Ispi, organizzata dalla fondazione Obama, dove l’ex presidente si è intrattenuto con il meglio dell’imprenditoria italiana. Certo, mancava Sergio Marchionne, l’uomo al quale Obama “regalò” la Chrysler perché la risanasse, che all’ultimo minuto ha dovuto dare forfait. Ma da Diego della Valle a John Elkann e Marco Tronchetti Provera, a Enrico Cucchiani, il parterre era di prim’ordine. E poi il presidente della Biennale Paolo Baratta e i due ex presidenti del Consiglio con cui Obama ha avuto rapporti più stretti: Mario Monti, del quale ha sempre apprezzato la statura intellettuale, al punto che spesso durante G7 sollecitava la sua opinione. E ovviamente Matteo Renzi, col quale c’è un feeling particolare, che ha portato Obama a spendersi politicamente in suo favore in occasione del referendum. Prima della cena, durante la quale l’ex capo della Casa Bianca ha tenuto uno speech e poi ha risposto alle domande degli invitati, Obama si è intrattenuto sui temi globali con i ricercatori dell’Ispi, guidati dal presidente Giampiero Massolo e dal direttore Paolo Magri. Oggi il clou della visita, con il discorso in Fiera e la conversazione con Sam Kass, dedicati alla sostenibilità alimentare, al futuro della nutrizione, alle sfide che una popolazione mondiale in crescita esponenziale porrà alle nazioni del mondo avanzato. E sarà una prova generale di come nei mesi e negli anni che verranno, Barack Obama intenda muoversi e influenzare in modo positivo l’agenda internazionale. Dove i grandi temi globali avranno un posto di primo piano: il cibo, la povertà, il clima, le migrazioni, le pandemie. Ma il lungo percorso post-presidenziale di Obama sarà innanzitutto anche e necessariamente americano. Brucia ancora la ferita apertasi con la sconfitta di Hillary Clinton, che ha messo in discussione l’intera legacy della sua presidenza. “Sono ancora ottimista per il futuro degli Stati Uniti”, ha detto Obama nei giorni scorsi a Chicago, presentando il progetto del futuro Centro che prenderà il suo nome e il cui compito principale, ipse dixit, “sarà di formare una prossima generazione di leader americani, in grado di fare la differenza nelle loro comunità”.

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