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Corriere Della Sera

Gaja: non trovo giovani che coltivino la vite … Risponde Aldo Cazzullo... “Caro Aldo, ho letto il suo editoriale “La qualità che il Paese ha perduto”. È vero che i nostri giovani, così come quelli di diversi Paesi europei, abbiano meno attitudine al sacrificio. Da tempo per la coltivazione dei nostri vigneti, come per l'assistenza agli anziani, ci avvaliamo di immigrati che formiamo, rispettiamo, imparando ad apprezzare i lavori che sanno fare. Per invogliare al sacrificio i giovani italiani di qualità, che sono più numerosi di quanto pensiamo e non vivono in un Paese disperato, unitamente a un primo stipendio che non può essere esaltante occorre anche farli un po' sognare. Angelo Gaja.
Caro Angelo, badare alla vite è gratificante ma faticoso. Non mi stupisce che lei non trovi giovani italiani disposti a farlo. Qualche tempo fa, in un incontro pubblico, facevo notare che nella nostra Langa si fatica a trovare un cameriere italiano. Si è alzata una signora a dire che la figlia lavorava in nero in una trattoria per mille euro al mese, ha chiesto di essere messa in regola, le hanno risposto che non potevano, e hanno preso un'albanese che di euro in nero ne prende 900. Cosa si può rispondere? Se dici che i ragazzi italiani sono meno disposti dei padri e dei nonni a sacrificarsi, ti accusano di colpevolizzare i giovani. Se dici che l'arrivo spesso illegale di milioni di emigrati ha spinto al ribasso i salari e i diritti, ti danno dello xenofobo. Eppure entrambe le cose sono vere. Lei, caro Angelo, introduce un elemento importante: quello del sogno. Non puoi dire a un ragazzo, nell'era del mondo globale e digitale, di lavorare e non rompere le scatole. Devi dargli l'idea che sta realizzando il proprio talento, e che comunque non passerà tutta la vita nello stesso posto a fare le stesse cose, come generazioni di nostri antenati, quando eravamo povera gente (ricorda l'incipit de La Malora di Fenoglio? “Pioveva su tutte le Langhe. Lassù, a San Benedetto, mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra”. Erano gli anni dell'albero degli zoccoli: le campagne lombarde, venete, emiliane non erano più ricche di quelle piemontesi). Altrimenti non si spiegherebbe perché i nostri figli e nipoti vanno a Londra o in Australia a fare i lavori che non vogliono fare qui. È un bene, se si mettono alla prova, imparano l'inglese, toccano con mano come l'Italia sia considerata la terra delle cose belle e delle cose buone; ma poi chi lo desidera deve essere messo nella condizione di tornare, cosa che oggi non accade. Servirebbe un piano straordinario per il lavoro ai giovani, basato non solo su incentivi alle imprese ma su investimenti pubblici e privati in almeno tre settori: cultura; infrastrutture; recupero edilizio e sociale delle periferie.

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