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Corriere Economia

Champagne, piccole bollicine è meglio... Bollicine d’élite. Champagne, certo. Purché rari e poco noti. Biodinamici o nature . No, non quelli, famosi, esclusivi e costosissimi celebrati dall’epicureismo rap. Mentre Jay-Z continua a proclamare «You gotta drink Cristall», gli enophiles più curiosi e raffinati stanno dando la caccia alle etichette minori, alle bottiglie che escono dalle cantine di famiglia, ai millesimati invecchiati in maniera artigianale, alle cuvée senza aggiunta di zucchero e a quelle che recano l’impronta dei loro creatori. Di vigneron come Didier Gimmonet che produce un Blanc de Blancs assemblando chardonnay vintage in modo del tutto personale. O di Claude Corbon, che, contro le regole di mercato e fedele al motto «bisogna dare tempo al tempo», custodisce in cava i suoi millesimati per almeno dieci anni. E ancora di Raymond Boulard e di Pierre Larmandier, convinti sostenitori della biodinamica. Anche per lo champagne sembra essere arrivato il momento del terroir , della scoperta e della celebrazione delle differenze.
Eventi a tema, degustazioni, tour alla ricerca di cantine. Sono sempre di più i fan italiani delle bollicine made in France. Sempre di più e sempre più selettivi. Lo confermano i dati. Nel 2005 l’Italia ha importato 8,8 milioni di bottiglie. Un incremento del 7,6% per quantità e di un buon 15,5% per valore.
«C’è un interesse trasversale verso prodotti di nicchia e di pregio», osserva Domenico Avolio, direttore del Centro informazioni Champagne di Milano. «D’accordo, si spende di più, ma c’è anche il desiderio di trovare vini veri con una maggiore attenzione al rapporto qualità-prezzo», aggiunge Delphine Viessiére, fondatrice e proprietaria di La flute , società che seleziona e vende esclusivamente i prodotti dei vigneron. Anche a Reims e dintorni è scoppiata la guerra dei piccoli contro i grandi? «Sono solo filosofie diverse - spiega l’imprenditrice francese - L’arte delle maison più prestigiose è quella di riuscire a conservare uno stile, di riprodurre un gusto lineare e sempre coerente». Insomma, lo stesso champagne, dallo stesso sapore, non importa di quale annata. Il pregio di Krug consiste proprio nella possibilità di utilizzare fino a 800 cuvée. Tutt’altra cosa rispetto al principio del terroir espresso dai viticultori artigianali. «I loro vini sono come prodotti d’autore - sostiene Veissiére -. Ci vuole coraggio a non usare lo zucchero, ad accettare le variazioni di clima, a preservare metodi antichi... Il tutto senza spingere troppo in alto i prezzi». Rischi che non sempre assicurano l’eccellenza, ma evitano l’uniformità, privilegiano la specificità, il carattere di ogni vigna, di ogni annata. Un piccolo lusso nel lusso che, non a caso, negli Stati Uniti, hanno già soprannominato Boutique Champagne. (arretrato del 27 febbraio 2006)

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