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Corriere Economia

L’happy hour e il suono moderno del Ventennio ... “Quando al fine d’un giorno noioso / la gaiezza risorge nel cuor / cerca ognuno il perché prodigioso / e domanda con grande stupor / donde viene questa gioia verace / ogni crisi finita è davver...”. Chissà se per tradizione o vocazione, gli spot sugli aperitivi sono sempre i migliori. In campo pubblicitario, una consistente parte del rinnovamento dei linguaggi si deve a queste bibite fatte per i momenti in cui la “gaiezza risorge nel cuori”.
Non smentisce la sua gloriosa storia Campari, che torna a raccontarsi in uno spot meta-pubblicitario dal raffinato gusto filologico. La canzoncina cantata da Crivel e coro è “L’ora del Campari” e risale al Ventennio. L’idea di utilizzarla per un racconto e un’ambientazione contemporanea da come esito una divertente asincronia fra il gusto della melodia e le immagini della metropoli contemporanea (che non è una “Milano da bere” ma Buenos Aires). Tutto sembra frenetico, tutti corrono verso una meta
che non è data conoscere, in un gioco di cui, all’inizio, non si conoscono le regole. Un ragazzo si lancia fra traffico e pedoni e si infila in un taxi. Ma l’autista, visto l’orario, esce dall’auto e lascia il cliente senza parole. In ufficio la giornata pare finita, una ragazza lancia un faldone a una centralinista e si getta, anche lei, in strada.
Donde viene questa gioia verace? Ma dal desiderio di un aperitivo in compagnia degli amici. E dalla regola che ci si è dati, espressa dalla voce femminile fuori campo: “L’ultimo che arriva paga da bere”. E così tocca al ragazzo del taxi. Il risultato è un film ricco di ironia, che racconta in modo efficace il rito metropolitano, messo tra virgolette con un deciso gusto rétro. Dal sodalizio con Depero degli anni Venti ad oggi Campari ha uno sguardo attento sulla comunicazione e la pubblicità.
E forse, con questa riuscita campagna, decide di andar oltre l’ormai stanca e logora epopea del Red Passion.

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