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Corriereconomia / Corriere Della Sera

Vino, piccole bottiglie crescono ... Il modello industriale italiano dei vino è quanto di più frammentato esista ai
mondo. Un po’ per le caratteristiche delta nostra produzione (una miriade di
vitigni autoctoni che creano infinite possibilità di produzioni di nicchio), un po’
per t’approccio particolarmente individualista dei nostri produttori enologici, il
risultato è che in un paese a primi posti netto produzione mondiale di vino sono
sottotono 14 te aziende che superano i 100 milioni di fatturato.
Un assetto che spiega anche perché i movimenti, le acquisizioni e le fusioni in
questo campo si contino coi contagocce, quanto meno le operazioni importanti,
quelle che vedono protagoniste te etichette storiche e i marchi più prestigiosi. Il
caso eclatante più recente è quello delta famiglia Lunelli (proprietaria di Terrari,
la prestigiosa etichetta dello spumante classico trentino) che all’ultimo Vinitaly
ho annunciato l’acquisizione del 50% di Bisol la storica contino di Valdobbiadene.
Un’operazione che ha del clamoroso perché unisce sotto la stesso proprietà
due aree di bollicine (metodo classico e prosecco) storicamente avversarie.
Altro movimento importante degli ultimi tempi è quello che ha visto il gruppo
cooperativo Caviro rilevare il marchio dell’Amarone Cesari. Questa però è
Matteo Lunelli
un’operazione che rientro nei canoni classici di mercato
perché Caviro è il secondo gruppo italiano per
fatturato (224 milioni) e rappresenta da solo il
10% delta produzione nazionale (ha in portafoglio
il popolarissimo Tavernello). Con questa operazione
il gruppo romagnolo ha rafforzato la sua posizione
anche nei vini dotto fascio perché Cesari è uno realtà
storica da 25 milioni di fatturato. Infine c’è lo famiglia
Angelini che rilevando la cantina Bertani, ha
creato un polo che va dal Brunetto all’Amarone e dal
Verdicchio al Chianti.

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