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Corriereconomia / Corriere Della Sera

Expo: un brindisi con 380 mila aziende ... Expo 2015, dal 1° maggio al 31 ottobre a Milano, sarà la prima esposizione universale al mondo ad avere un Padiglione dedicato al vino. Una scelta che si deve alla millenaria cultura della
vile e del vino nel Bel Paese, ma anche al raggiungimento di un obiettivo: “Quello cli far sapere al mondo che l’Italia è da sempre la nazione in assoluto più ricca per biodiversità e territori da vino e abbiamo il grande torto di non averlo mai detto abbastanza”, scandisce Riccardo Cotarella, imprenditore ed enologo, tra i professionisti più noti a livello internazionale, presidente del Comitato scientifico per l’allestimento del padiglione. “L’Expo sarà dunque l’occasione per dirlo forte e chiaro e lo faremo con il prodotto agricolo più rappresentativo del nostro Paese, che è appunto il vino”. Mancano poche ore al rendez vous tra il mondo e il patrimonio di oltre 500 vitigni che rende uniche le etichette made in Italy e “esclusivo il valore della produzione italiana”, come sottolinea Giovanni Mantovani,
il direttore generale di Veronafiere. L’ente che assieme a Vinitaly, ha realizzato il progetto e questa speciale vetrina di grandi etichette nel cuore del Padiglione Italia. Ma c’è di più. Con 5,1 miliardi di vendite all’estero nel 2014 (1,4% sul 2013) e 20,5 milioni di ettolitri portali oltre confine (dati Assoenologi), il mercato vinicolo è la voce più importante dell’export agroalimentare del Paese, e l’Italia l’unico paese esportatore che ha registrato un incremento nell’ultimo esercizio (dati Ismea). Il merito è di 380 mila aziende e oltre un milione di addetti, compreso l’indotto, titolari di un fatturato complessivo di 10,1 miliardi, che equivale all’8% dell’industria alimentare nazionale.
Sono questi i principali numeri del settore e anche lo sfondo nel quale competono le 100 maggiori imprese vitivinicole protagoniste della classifica 2014, in queste pagine. La graduatoria, basata sui risultali di bilancio delle cantine, fotografia un campione sempre più significativo: le 100 imprese sono infatti titolari di un giro di affari di 5,1 miliardi (di cui 2,9 miliardi all’export rappresenta più della metà dei fatturato globale del settore e più del 50% delle esportazioni. Le magnifiche 100 girano la buo dell’ultimo esercizio con i segno più davanti al totale introiti: +2.37%, percentuale che sale fino ai 4,37% all’export, ma diventa negativa sul mercato interno (-1,89%). Morale: anche per i più grandi il lavoro in casa è sempre più difficile, a causa del calo costante dei consumi, degli alti costi di distribuzione e del peso elevatissimo delle promozioni che caratterizza le vendite nella grande distribuzione organizzata, il canale che si aggiudica l’80% delle vendite, nel quale si combattono, senza esclusione di colpi, ben 20 mila referenze.
A riportare il sereno arriva appunto l’export: le vendite all’estero sono cresciute ai che nel 2014, trainate soprattutto dal settore degli spumanti, e in particolare dal fenomeno Prosecco: il conto finale delle bollicine oltre frontiera, registrato dal Corriere Vinicolo, tocca 840 milioni di euro con un incremento di 100 milioni sul 2013, aiuto decisivo al risultato del mercato. Bollicine a parte, il 2015 si è aperto sotto una buona stella: le recenti misure di contenimento del valore dell’euro rispetto al dollaro, varate dalla Banca centrale europea, soffiano a favore delle cantine esportatrici, specie se si tiene conto che gli Usa sono da sempre il principale mercato del vino italiano. Il presidente del consiglio Matteo Renzi e Maurizio Martina, suo ministro delle Risorse agricole, hanno scommesso forte:
“L’export del vino deve aumentare del 50% per raggiungere 75 miliardi nel 2020”, hanno detto, per due anni di fila, in occasione del Vinitaly. Repetita iuvant. E la buona volontà non manca in un mercato attaccato alla terra, unico investimento che non ha perso valore negli ultimi anni e che anzi potenziale sue quotazioni in funzione della qualità del vigneto impiantato e dei prodotti che ne sono figli.
Chissà che prima o poi i produttori italiani non decidano di mettersi assieme, per presentarsi come un sol uomo dalla forza decuplicata sulle piazze internazionali, senza il timore che in una azione comune la propria etichetta possa perdere di valore. Perché è un fatto: il vino italiano di qualità è, assieme alla moda, simbolo indiscusso e ambito del made in Italy nel mondo. E la sua principale forza, quella che lo rende invincibile, va oltre la sua qualità: sta nelle storie degli uomini che lo producono e nel racconto del territorio in cui nasce: vigneti inerpicati su terrazzamenti arditi, distesi su dolci colline, accomodati su terre e pianure, tra borghi, mare e montagne, come solo in Italia. Sono questi racconti (e leggende), il valore aggiunto del vino italiano, quel quid che ne amplifica l’eccellenza. Come quella delle bollicine italiane: è il Trentodoc delle Cantine Ferrari (lo stesso che un secolo fa ha vinto la medaglia d’oro all’esposizione universale del 1906) ad accompagnare i brindisi del Padiglione Italia, ed è il Franciacorta l’official sparkling wine dell’intera Expo.

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