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Corriereconomia / Corriere Della Sera

Arrivano dall’altro lato del Brennero. In tasca non hanno una copia di Viaggio in Italia di Goethe ma il più famoso testo di

un tedesco sul nostro vino, Guida spirituale alle osterie italiane di Hans Barth, giornalista e filosofo.

“Lepidissimo e dissertissimo libro”, secondo la prefazione di Gabriele D’Annunzio del 1910. E guidati da dall’idea del Vate che il vino è per “l’uomo di bello spirito e vietato al balordo”, tedeschi e austriaci acquistano sempre più spesso cantine del Belpaese. Dalla Toscana al Lazio, ma non solo. L’ultimo, come ha scoperto WineNews (l’agenzia di Alessandro Regoli, con sede a Montalcino, che tiene sotto controllo ogni giorno quello che accade nel settore del vino), è stato Stanislaus Turnauer, l’imprenditore austriaco di Costantia Industries (700 milioni di fatturato nel campo dei nuovi materiali). Ha puntato su Bolgheri, patria dei Super Tuscan, conquistando la maggioranza di Tenuta Argentiera, 75 ettari di vigneti dalla collina al mare.

Ai tempi degli etruschi qui c’erano miniere d’argento, ora le vigne sono diventate d’oro, un ettaro vale anche più di mezzo milione. Corrado e Marcello Fratini, del gruppo Fingen (outlet e moda), mantengono la quota di minoranza e un ruolo nel management nell’azienda che custodisce 1.200 barrique di rovere francese per affinare il Merlot Giorgio Bartholomäus, il Cabernet Frane Lavinia Maria, il Bolgheri Superiore Argentiera e il Bolgheri Villa Donoratico.

L’avanguardia degli sbarchi tedeschi in Toscana è stato il gallerista Peter Femfert. Era il 1982. Femfert, con la moglie, la storica veneziana Stefania Canali, diventò il proprietario della Fattoria di Nittardi, luogo magico con 29 ettari di vigneto. Ora alla guida c’è il figlio Leon, che

ha rilanciato i vini storici, come il Chianti Classico Casanuova. Sembrava un caso isolato, invece il numero degli imprenditori è aumentato. Nathan Gottesdiener (moda), dal 2011 con Massimo Ruggero, ha fondato Siddura, che da Luogosanto, nel cuore verde della Gallura, in Sardegna, produce grazie a 29 ettari di piante i Vermentino Maìa e Bèru e i rossi Bacco, Tiros ed Erema. Non è solo l’amore per il paesaggio italiano a far aprire il portafogli di chi investe. I buoni contatti con il Paese d’origine favoriscono l’export verso un Paese che importa vino italiano per circa 900 milioni di euro l’anno.

Si acquista un podere, un casale, una vigna, per “realizzare un sogno e trarne i frutti”, sintetizza Anton Börner, 61 anni, presidente della

Bga, la federazione dei commercianti all’ingrosso, capo di un gruppo con 650 dipendenti a Ingolstadt, un uomo in rapporti più che buoni con la cancelliera Angela Merkel. Marito della piemontese Anna, ha puntato, nel 2004, su 80 ettari vitati e 10 ricoperti di olivi a Velletri, con l’idea di creare “grandi vini laziali da portare nel mondo”. Gli dicevano che era un progetto

impossibile, per un tedesco poco incline allo slalom nella burocrazia italica. Invece, da cinque anni, c’è riuscito.

Più a Nord, tra Firenze e Volterra, un connazionale di Börner, Stefan Neuhaus, ha ridato vita al borgo di Castelfalfi, con cantina e frantoio, lo stesso in cui venne girato il Pinocchio con Roberto Benigni: nel marzo prossimo saranno ultimati i lavori di un nuovo hotel a cinque stelle. E, sempre in Toscana, la famiglia Rothenberger di Francoforte (un miliardo di fatturato tra meccanica e immobili) ha acquistato i 22 ettari della cantina Icario a Montepulciano, la zona del Nobile. Tutti imprenditori forse ispirati, proprio come Barth descritto da D’Annunzio, da una Musa goliardica (e dai buoni affari).

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