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Corriereconomia

Turismo: Il vino in cantina? Ad alta gradazione (di business) ... Per ogni euro speso nell’acquisto di una bottiglia, altri 4 vengono impiegati sul territorio. Piemonte, Toscana e Sicilia le mete preferite ... C’è un settore del turismo che cresce, nonostante la crisi. E quello legato al mondo del vino e che, secondo i dati Censis, a febbraio dello scorso anno segnava un più 12°o sul 2012. Una crescita proseguita anche negli ultimi dodici mesi e che potrebbe ulteriormente accelerare nel prossimo futuro. “Sono circa 4 milioni gli enoturisti che ogni anno visitano le cantine italiane, per un giro d’affari di circa 5 miliardi di euro - dice Daniela Mastroberardino, presidente di Movimento Turismo del Vino -. Chi va per cantine ha generalmente tra i 30 e i 50 anni, un alto grado di istruzione ed è amante del buon bere. Si tratta di un turista disponibile a spendere, e non solo in cantina; tanto che calcoliamo che, per ogni euro impiegato nell’acquisto di una bottiglia, altri quattro vengono usati sul territorio”. Tra chi ama visitare cantine e vigneti è altissima la percentuale degli stranieri, che si concentrano soprattutto nelle aree della Penisola a più alta propensione turistica. Piemonte, Sicilia e Toscana le mete più gettonate. Nella zona di produzione del Brunello di Montalcino, ad esempio, la struttura di Castiglion del Bosco ospita ogni anno, nella stagione che va da aprile a novembre, circa 12 mila persone, di cui ben il 98°o provenienti da oltreconfine. “Insieme agli americani e ai britannici, sul mercato è sempre più forte la presenza dei brasiliani commenta l’amministratore delegato del borgo-resort Simone Pallesi -. Arrivano da noi chiedendo ottimo vino, un’accoglienza impeccabile e un’esperienza unica. Per questo per i nostri clienti spesso costruiamo una vacanza fatta su misura e alla degustazione vera e propria abbiniamo escursioni sul territorio e picnic tra i vitigni”. In Sicilia, invece, tra i più riusciti esperimenti di enoturismo c’è quello condotto dal Conte Florence Marzotto. Ad arrivare nella tenuta di Baglio di Pianetto, venti chilometri di strada tortuosa sulle colline alle spalle di Palermo, sono soprattutto appassionati che si fermano per diversi giorni nelle stanze del relais. “Ospitiamo tanti europei dice il direttore Alberto Buratto - ma c’è anche una buona affluenza di americani e di australiani che vengono da noi per seguire i metodi di vinificazione. Abbiamo anche un ristorante in cui, tra le altre cose, organizziamo corsi di cucina italiana per gli ospiti della struttura. L’anno scorso abbiamo accolto in cantina 1.800 persone, di cui circa 700 si sono fermate anche a dormire. La stagione? Da marzo a settembre e poi durante il periodo natalizio”. Cinquecento chilometri a nord-ovest, nell’altra grande isola italiana, a fare da apripista all’enoturismo è Sella&Mosca, azienda da 7,6 milioni di bottiglie l’anno con sede poco lontano da Alghero. “Fare vino ed enoturismo in Sardegna è completamente diverso che da ogni altra parte - dice il direttore tecnico Stefano Biscaro -. Qui molti dei 40 mila visitatori che arrivano nella nostra tenuta abbinano l’enoturismo alle vacanze estive al mare. Per questo da noi è un’attività prettamente stagionale e molto legata ai flussi tradizionali”. Ma poi, chi visita le cantine, il vino che assaggia lo acquista realmente? A ben pensarci non sembra essere la vendita diretta il vero obiettivo dei produttori che aprono al pubblico le cantine. “In proporzione non sono molte le bottiglie che vendiamo a chi passa da noi - continua Biscaro -. Si tratta piuttosto di un’azione di marketing che si concretizza in seguito. Attraverso l’ecommerce spediamo casse in tutto il inondo e spesso proprio a quelle persone che sono venute a trovarci in Sardegna. Inoltre gli stranieri che sono stati qui, come in tante altre aziende vinicole italiane, si trasformano non solo in potenziali clienti, ma anche in preziosi ambasciatori del made in Italy. A conti fatti l’enoturisino potrebbe essere un importante driver per la ripresa economica italiana, tuttavia la necessità che produttori e istituzioni facciano sistema è prioritaria. “Se potessimo offrire un grand tour italiano dei vini sarebbe un prodotto turistico dalla grande attrattiva commerciale, specialmente per gli stranieri”, commenta Simone Pallesi di Castiglion del Bosco. A oggi, però, i viticoltori che fanno enoturismo sono realtà a sé stanti che dialogano poco tra di loro. Il risultato è un sistema frammentato, un po’ come la produzione e la promozione dei vini che escono dalle stesse cantine. “Ma per farlo serve un’alleanza col territorio precisa Pallesi , anche noi che siamo in un territorio strategico come Montalcino facciamo fatica ad allungare la stagione: servono iniziative culturali, eventi, festival che attraggano turisti sul territorio per destagionalizzare. Serve un gioco di squadra che in Toscana esiste ma dovrebbe essere più forte”. Altrove, invece, è quasi interamente da costruire.

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