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D / La Repubblica Delle Donne

Spie Con_fusion ... Un jeans in barrique. Renzo Rosso ama i vigneti e, dopo la moda, si è dedicato all’enologia. Sognando di creare un polo di lusso alla francese... Un elenco che si allunga ogni vendemmia. Una serie di imprenditori della moda che di una passione hanno fatto un business. Sì, perché, osservando la Francia e i pionieri di Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy), l’Italia sembra voler intraprendere una strada simile per allargare la propria eccellenza anche a prodotti diversi dagli abiti e, visto che la tradizione non ci manca, non poche società hanno investito acquistando ettari di vigne. C’è chi dal vino è arrivato alla moda, come Mario Moretti Polegato, cha inventato Geox. Molti, invece, hanno seguito il percorso opposto. La famiglia Marzotto ha possedimenti in Franciacorta, Chianti, Maremma e Sicilia. Ferragamo è proprietario de Il Borro, un centro rurale nella campagna vicino ad Arezzo. Roberto Cavalli ha un’azienda agricola nel Chianti dove oltre a occuparsi di equini inizierà a produrre vino. Ma anche Bulgari oltre alla gioielleria ha pensato anche alle viti comprando un’azienda di 20 ettari in Val d’Orcia. Renzo Rosso, patron di Diesel, è un altro che, con Diesel Farm, ha dato vita a una realtà vinicola che funziona. Adesso ha iniziato a esportarlo anche in Svizzera e Spagna siglando l’accordo con il distributore Gruppo Meregalli per portare il vino e olio.
Signor Rosso, crede che la vinificazione in barrique, le piccole botti di rovere, sia soltanto una moda? “Penso che la barrique debba essere semplicemente considerata uno strumento di lavoro. Per alcuni vini, comunque, è insostituibile, perché il legno esalta le componenti fruttate”.
E i vitigni autoctoni? E’ un vanto vinificare con uvaggi tipici della zona o conta solo la quantità del prodotto? “I concetti di “vinificazione di uve autoctone” e di “produzione di qualità” non sono necessariamente legati l’uno all’altro. La scelta di un vitigno autoctono consente di ottenere prodotti di qualità solo se il territorio è adatto a ospitarlo. Al contrario, il produttore rischia di intraprendere una strada legata semplicemente alla tradizione che non coincide con la ricerca della qualità, che per me è tutto”.
A che punto siamo rispetto alla Francia? “Quello è sicuramente un Paese che ha una grande tradizione vinicola e un alto livello qualitativo. Per noi rappresenta sempre un modello, un’ispirazione sia per i bianchi sia per i rossi”.
Ha qualche atteggiamento scaramantico, tipo la coltivazione delle rose all’inizio di ogni filare? “Non è solo uno scongiuro, le rose servono anche come indicatore della presenza dei parassiti. Mi piace usare queste tradizioni unendole alle tecnologie più moderne e sofisticate. Per esempio, il rispetto delle fasi lunari coltivazione e nel raccolto”.
Che importanza hanno i bicchieri? “Sono fondamentali. Devono essere sempre grandi, di vetro sottile e con le estremità leggermente richiuse per contenere i sapori”.
Un grande vino deve essere conservato come cimelio o bevuto? “E’ un fenomeno appena iniziato, che aiuta a portare sempre più vino di qualità sulle nostre tavole. Ora un ulteriore contributo verrà dato dal marketing: riuscirà a dare un valore aggiunto anche alle diverse etichette e case vinicole”.
Le grandi holding francesi hanno l’eccellenza nella moda e nel vino, il suo progetto punta a creare la stessa realtà in Italia? “Assolutamente sì. I nostri vini nascono dalla sapienza di un enologo come Roberto Cipresso e da una grande tecnologia. Il suo valore aggiunto è quello di essere creato e pensato come un prodotto di moda”.
Altri progetti? “La realizzazione della Grappa di Rosso. I primi esperimenti stanno dando risultati di ottimo livello”.
(arretrato di D - La Repubblica delle Donne del 16 dicembre 2006) 

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