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Finanza & Mercati

L’affondo dei vini del Nuovo Mondo così vellutati e accattivanti. Ma clonati. Colorati, fruttati, spesso vanigliati, stanno conquistando rapidamente i mercati. Vengono da America, Australia e anche da Francia e Italia: la vite però serve solo come sostegno inerte ... Sfogliando le patinate riviste specialistiche sul vino, si può osservare una particolare apprensione da parte dei produttori delle zone storiche sia italiane che francesi, nei confronti del Nuovo Mondo. Con questo termine si intendono quei vini moderni, internazionali, che hanno saputo conquistare consensi tuttora crescenti e che hanno espropriato alla Vecchia Europa mercati ritenuti finora inespugnabili. Ma il vino del Nuovo Mondo non ha una identità topografica ben precisa, certo può nascere nelle Americhe o dall’Australia ma non può essere concepito anche in certe zone della Francia, della Spagna o dell’Italia perché si tratta di una omologazione progettuale. Quasi sempre rossi, coloratissimi, fruttatoni e vanigliati, quando sono bianchi hanno dei profumi varietali irresistibili, con una dolcezza degustativi che ricorda il mascarpone. Sono generati dal sole e dall’acqua, ma non dal terreno che viene invece utilizzato soltanto come sostegno inerte per la vite.
Per questo possono essere prodotti un po’ ovunque, ovunque si presentino queste banalissime condizioni. Non possiamo farci niente, finché il mercato avrà posto per questo pseudo vino ci saranno sempre dei produttori disposti a concederglielo, in ogni parte del globo. Ma ecco il vero nocciolo del problema: i consumatori del Nuovo Mondo. Il vino nelle loro mani perde i significati culturali più profondi, deve essere immediatamente traducibile proprio come un’altra qualsiasi bevanda e gli viene richiesto soltanto di possedere una griffe di chiara fama, buona piacevolezza ed essere una novità per il mercato, possibilmente bizzarra. Anche per questi consumatori non è possibile una identificazione geografica, sono sparsi dappertutto ed anche loro in crescita. Direte è la solita storia sui natali della gallina e dell’uovo ma è a questo livello che possiamo fare qualcosa. Dobbiamo (ri)conquistarli spiegando loro che il vino è tradizione, continuità tra passato e presente, ed allo stesso tempo è diversità, perché rappresentativo di un territorio, ed è una sinfonia non una canzonetta fatta di tre accordi. Certo, se i media ci dessero una mano invece di parlarne troppo poco e sempre con macchiette stereotipate ...

Marco Pallanti - Enologo

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