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Finanza & Mercati

Attacco al re… Se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere, il pregiatissimo Chateau d’Yquem si cala perfettamente in tale saggia constatazione. Motivo della sua preziosità ed eccellenza è infatti la particolare muffa che si forma intorno agli acini. La storia è presto raccontata: l’andamento climatologico insolito nel XVIII secolo fu caratterizzato da piogge eccessive dopo estati caldissime, creando così i presupposti per la formazione della “botrytis cinerea” detta anche “nourriture noble”. Questa speciale muffa ha la capacità di concentrare le sostanze zuccherine e aromatiche nei chicchi, trasformandone profondamente le caratteristiche. Una casualità che ha dato vita a un vino dolce totalmente diverso da quello prodotto prima, tanto che si è inventato il modo di ripetere l’allora misterioso fenomeno. Tutto nasce nel 1787, nelle vigne che circondano il maestoso Chateau d’Yquem, proprietà della famiglia De Sauvage fin dal XIV secolo. Un paio d’anni prima nel 1785, la discendente Francoise Josephine sposò Luis Amedeè Lur Saluces, erede dei Marchesi di Saluzzo, uniti ai francesi Lur Saluces, erede dei Marchesi di Saluzzo uniti ai francesi Lur, che non visse a lungo causa una caduta da cavallo dopo appena tre anni di matrimonio. Fu così che a gestire le tenute d’Yquem e degli Chateau De Fragues, De Malle e Suau si trovarono la moglie e il figlio. Amministrazione oculata quella di Josephine, che consolidò le risorse economiche continuando a produrre uno dei vini oggi tra i più celebri al mondo. Dolce, ammaliante nei profumi e nel riscontro aromatico, il Sauternes sprigiona sentori di confettura di mele cotogne, vaniglia, spezie, miele e in annate particolari, sviluppa marcati sentori di idrocarburi richiedendo quindi un lunghissimo invecchiamento e quindi discussioni infinite sulla correttezza delle alte quotazioni. Le peculiarità organolettiche sono ideali per abbinamenti con fois gras, patè e con formaggi erborinati. Chateau d’Yquem Gran Cru Premier è il simbolo di tutti i Sauternes che si ottengono da uve di semillon, sauvignon e muscadelle a sud di Bordeaux, nei comuni di Sauternes, Barsac, Fragues Bommes e Perignac. Le quotazioni della bottiglia variano a seconda dell’annata: se alla fine del secolo scorso il prezzo superava mezzo milione di lire, quello dell’annata 2000 varia tra 350 e 390 euro anche se il costo, negli anni successivi, è andato sensibilmente diminuendo. E’ un mito intoccabile che arricchisce l’immagine del comprensorio dove peraltro si ottengono altri vini simili ma meno costosi. L’abusato parametro prezzo qualità nel caso d’Yquem non conta perché il valore economico della bottiglia si stima in prezzo/fama. E in Yquem di fama ce n’è tanta, al punto che alcune vecchie annate valgono migliaia di euro, come quella del 1921, oggi la più preziosa a 4100 euro; o quella del 1900 a 3750 euro; o ancora quella della vendemmia 1945 a 1800 euro. Sono valori che esprimono una lunga e unica storia che in Italia non trova riscontro, anche se qualche eccellente esempio di qualità non manca. Acini Nobili Torcolato di Breganze di Fausto Maculan è il vino italiano che più si avvicina al Sauternes: si ottiene da uve vespaiolo che subiscono l’attacco della botrytis nei tre mesi di appassimento in solai molto arieggiati con sensibili sbalzi termici tra giorno e notte. La muffa nobile si forma sui grappoli attorcigliati da uno spago appeso al soffitto. Un procedimento diverso dall’originale, ma con un risultato abbastanza simile: il volume dell’uva si riduce del 25-30% in modo che ne risulti un vino grasso e corposo, pieno e persistente, sontuoso e appagante fino a scatenare un fascino che fa dimenticare l’imitazione. Il suo valore di mercato sia aggira intorno ai 90 euro per l’ultima annata in commercio e raggiunge i 250 euro per quelle più mature. Differente l’uva per i Capitelli di Anselmi in Monteforte d’Alpone: garganega e trebbiano passite in cassette poste in sale ventilate per circa tre mesi. Quasi identico il risultato, dato che i grappoli vengono leggermente botritizzati. Questo vino esprime note delicate ed eleganti con un costo in enoteca che si aggira sui 37 euro. Tutto italiano il metodo del Vin Santo di Toscana Occhio di Pernice di Avignonesi, prodotte con uve rosse prugnolo gentile: sosta nei caratelli posti in solaio per 10 anni, fino a ridurre il suo volume di un decimo. Il profumo è ricco e concentrato con sentori di confettura di amarene e frutta candita; il sapore è pieno, cremoso, con eccellente e lunghissima aromaticità. Raro ed esclusivo, si beve in piccole quantità ma in grandi bicchieri: solo in mezze bottiglia costa intorno ai 200 euro, e per annate vecchie anche 300 euro.
Isola degli angeli pazzi, come la definiva Veronelli, è Pantelleria che offre il Ben Rye (in arabo Figlio del vento) di Donnafugata. E’ un moscato passito dolce naturale, dai profumi di albicocca e pesca, uniti a fichi secchi, miele ed erbe aromatiche che risultano quasi palpabili; al gusto è equilibrato e persistente. Costa intorno ai 36 euro ed è una vera emozione solare che annienta pioggia e nebbie. Non c’è che dire, un vero poker d’assi tricolore. E tuttavia per quanto valorosi e per certi aspetti persino insidiosi possano diventare i prodotti italiani, nulla di paragonabile al carico di storia e fascino che precedono il profumo inebriante di un sorso di Sauternes. In altre parole, lo scacco al re possiamo sferrarlo con la grinta delle annate migliori ma per lo scacco non facciamoci illusioni (arretrato del 17 dicembre).

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