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Finanza & Mercati

In Borsa stravincono le bottiglie francesi. E gli altri vini? Si bevono ... Gestito da Sotheby’s e Christie’s, il mercato muove milioni di $. Premier Cru bordolesi e Grand Cru di Bourgogne protagonisti... Rende investire in Borsa? E nel vino? Si, disponendo di cospicui capitali e di notizie valide per la scelta delle azioni. E utilizzando intuizione, pazienza, rinuncia a bere ma soprattutto conoscenza del momento per acquistare lotti di Premier Cru bordolesi, Grand Cru di Bourgogne, Porto Vintage e altre poche, rarissime produzioni nel mondo. Rispetto ai Paesi di lingua anglosassone, l’Italia dispone di una minima organizzazione per le vendite all’asta, i cui motori sono le Case in grado di soddisfare i mercanti di vino e di accendere la crescente passione dei collezionisti. Ma anche da noi aumentano i proseliti. Questo mercato muove milioni di dollari ogni anno e viene gestito per lo più da due colossi: Sotheby’s e Christie’s. L’unica casa d’aste italiana che si dedica a queste iniziative è Pandolfini di Firenze che organizza tre o quattro eventi l’anno, tra cui solo uno dedicato agli appassionati di grandi vini, a ottobre, alla Stazione Leopolda di Firenze, durante la presentazione della “Guida dei Vini” de L’Espresso. Gli altri vengono gestiti per raccolta di fondi a scopo benefico. Un esempio? Le Calandre e l’Enoteca Pinchiorri che assieme all’Onlus “Ricerca per la Vita” raccolgono più di 100mila euro, interamente devoluti. Durante l’anno, ci sono altre proposte di enoteche e di consorzi di tutela di vini Docg che hanno lo stesso intento di charity. Ben altre sono le motivazioni che movimentano le aste promosse da Christie’s e Sotheby’s, solitamente in Europa e negli Stati Uniti. La parte del leone la fa l’International Wine Department di Christie’s che lo scorso anno ha fatturato 41.968.232 dollari. Sembra davvero tanto denaro, ma è molto vicino alla cifra che l’Inter ha speso nel calcio mercato estivo per potenziarsi. Inferiori sono le cifre fatturate da Sotheby’s, che però è in crescita visto l’incremento del 40% tra il 2004 e il 2005 e che prevede per il 2006 un aumento ulteriore. Al fatturato dell’anno scorso (29.141.728 dollari), vanno aggiunti 3.895.800 dollari destinati alla beneficenza per la Ave Maria University vicino Naples, in Florida. Da tempo esistono consulenti preparati in grado di indicare le etichette da acquistare e le relative annate, visto che non tutte le vendemmie offrono gli stessi risultati. C’è stato un periodo in cui i prezzi di molti vini sono aumentati da tre a otto volte rispetto al costo iniziale. Si trattava dei Cru importanti di Bordeaux delle vendemmie ‘82, ‘89, ‘90 e della tanto (fin troppo) esaltata vendemmia 2000: visto che il tempo è galantuomo, sarà facile immaginare un risultato migliore per l’annata 2001, merito del suo equilibrio organolettico. Personalmente ho scommesso solo su formati magnum: non per vendere ma per il piacere di degustarli uno a uno. Per investimento, attualmente molti sono disposti a pagare prezzi esagerati, ma solo per alcuni precisi vini di Bordeaux (Premier Cru del Médoc e i top della destra Garonna, come Petrus, Le Pin e Cheval Blanc) e per alcuni della Borgogna come Romanée-Conti e Motrachet Leroy. Le società costituite dai negozianti dei Premier Cru dimostrano che nel tempo si può guadagnare: chi vuole acquistare lotti per una speculazione è meglio che investa nelle azioni di queste compagnie: chi detta legge nel mondo del vino di alta qualità è la Borsa di Parigi per le nuove vendemmie, Christie’s e Sotheby’s per le preziosità custodite in cantina. In Italia, alla metà degli anni ‘80, produttori e banche hanno provato più volte a collocare i future dei vini, ma senza successo. Chi aveva investito, per esempio, 5 milioni di lire, dopo qualche anno ritrovava un valore inferiore all’investimento. Produttori e istituti finanziari hanno dimostrato, malgrado l’alta qualità raggiunta dai vini italiani, di non avere le capacità dei mercanti bordolesi. Perfino in altre zone prestigiose della Francia, come la Bourgogne, viene riconosciuto il talento di quelli dell’Ovest e gira il detto “loro sanno fare il vino col denaro, noi lo facciamo con il cuore”.
(arretrato di Finanza & Mercati del 23 settembre 2006) 

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