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Finanza&mercati

Anche la destra difende i rossi. Dalla Ue ... L’Ocm del vino mette in discussione i tradizionali metodi di produzione enologica a vantaggio di metodi da “apprendista stregone” provenienti da Usa e Australia. Il ministro De Castro chiamato a difendere i produttori italiani contro l’uso dei trucioli di legno o il divieto del diritto di reimpianto... Ricordate quelle belle botti di rovere, onore e vanto delle cantine italiane? Dovremo dimenticarcele. Almeno a sentire la Commissione di Bruxelles e la sua riforma dell’Organizzazione comune di mercato (Ocm) del vino che in questi giorni è al centro dei lavori alla commissione Agricoltura della Camera. Ormai, con l’innovazione all’americana che avanza, per dare il profumo del legno stagionato a un Gallo nero, prodotto, non già nel cuore del Chianti, ma sulla west cost degli Stati uniti, bastano dei trucioli sparati dentro le botti d’acciaio. Sta agli europei adottare la stessa pratica per non restare tagliati fuori dalla competizione internazionale. E questo è solo l’inizio.
Dal dibattito e dalle audizioni che si susseguono nella tredicesima commissione di Montecitorio, si prospetta un quadro anche più preoccupante per i vignaioli nostrani. Per non urtare la suscettibilità del Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, predica la Commissione europea, bisogna aprire le porte ai vini californiani, australiani e neozelandesi, che premono sui nostri supermercati con campagne pubblicitarie da centinaia di milioni di euro. Come quella degli italo-americani fratelli Gallo che da anni dalla California conducono un’insidiosa concorrenza al marchio Gallo nero del Chianti nostrano, esibendo i loro diritti anagrafici.
De Castro. La riforma europea alle porte non si limita comunque certo a intervenire su questioni in fondo marginali come quella dei trucioli. In ballo ci sono 400mila ettari di vigne che di qui al 2013 dovranno essere espiantate dalle colline italiane per ridurre quella che la Ue ancora considera una abnorme sovrapproduzione di vino. “Trasformare 400mila ettari di colture significa cambiare l’assetto ambientale di una parte consistente del nostro territorio - denuncia Marco Lion, presidente della commissione Agricoltura della Camera, in quota Verdi - con prevedibili danni anche in termini di attrattiva turistica delle nostre valli oltre che in termini di assetto produttivo vitivinicolo”. Tra le misure drastiche contemplate dalla strategia europea di riduzione delle colture comunitarie della vite, c’è anche l’abolizione del commercio dei cosiddetti “diritti”. Attualmente chi rinuncia a coltivare la vigna in zona dove è prevista una produzione molto ampia, può cedere appunto i propri “diritti” d’impianto ad altri produttori. Finito per Bruxelles anche questo commercio deve finire. Senza contare poi che con questa manovra di espianto generalizzato delle viti, agli agricoltori verrà a mancare un reddito aggiuntivo per gli agricoltori rappresentato dagli scarti.
Oggi gli scarti della viticoltura finiscono in buona parte all’industria farmaceutica e, seppure, in quantità più marginali alla produzione di pellets, ovvero di carburante da biomasse, oggi sempre più utilizzato per le moderne stufe ad accensione elettronica. Un altro tema rovente della riforma messa a punto a Bruxelles riguarda l’etichettatura. La rivendicazione del vitigno potrà essere indicata anche sulle etichette dei semplici vini da tavola in cartone, che magari sono il risultato delle miscele più disparate.
Tracciabilità. E, quanto ai Doc e ai nobilissimi Docg, a denominazione garantita oltre che controllata, dovrebbero rientrare tutti in una stessa categoria e avere gli stessi diritti di etichetta concessi ai vini da tavola. “La tracciabilità del prodotto è una garanzia in favore dei consumatori cui i viticoltori italiani non potranno e non dovranno rinunciare”, allerta Lion che sa di poter contare su una posizione sostanzialmente unanime tutta la sua commissione. Tra l’altro un disegno di legge al Senato, a firma di Paolo Scarpa Bonazza sull’aggiornamento delle regole di denominazione d’origine controllata e garantita, va proprio nella direzione della massima chiarezza delle informazioni a favore dei consumatori.
Sulla stessa linea d’onda la commissione presieduta da Lion approverà fra una settimana una risoluzione per responsabilizzare al massimo il governo nel negoziato comunitario. E più in generale la tracciabilità dei prodotti italiani si sta qualificando come una delle strategie politicamente più condivise di questa legislatura, tra le più pugnaci degli ultimi dieci anni.
Nella direzione della riconoscibilità va “Marchio 100% Italia” in lavorazione alla commissione Attività produttive e non passa settimana senza che almeno un parlamentare si faccia portavoce di una qualche zona di produzione di un insaccato di qualità per rivendicarne l’investitura nobiliare ufficiale.

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