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Finanza&mercati

Alla Campionaria delle Qualità va in mostra il genio italiano...  Bassi: «Crediamo che possa essere il plus competitivo del nostro Paese». Realacci: «Tutto si basa sulla soft economy, un modo di pensare l’economia che comprende asset come il patrimonio artistico, la cucina, il paesaggio»... Cosa significherà «Qualità in Italia» nei prossimi anni? È una domanda che potrà trovare una risposta nella Campionaria delle Qualità Italiane, fiera (si terrà a novembre 2007) nata da un accordo fra Expocts-Fiera Milano e Symbola, Fondazione presieduta da Ermete Realacci con l’obiettivo di promuovere il modello di sviluppo della soft economy. E soprattutto, perché c’è la necessità di una fiera dedicata alla qualità.
«Crediamo - spiega Carlo Bassi, ad di Expocts - che la qualità sia il plus competitivo su cui il nostro Paese deve scommettere per il proprio futuro. Del resto è sotto gli occhi di tutti, che nell’evoluzione dello stile di vita del nostro tempo il concetto di qualità è molto cambiato. Non è più solo sinonimo di lusso, ma è espressione diretta della nostra cultura, del nostro territorio e della nostra storia. In questo contesto la Campionaria è anche un progetto simbolico». La Campionaria è soprattutto la fiera della soft economy. È l’onorevole Ermete Realacci, presidente di Symbola a sottolineare il significato del termine soft. «Lo spunto - dice - viene dall’espressione di un politico americano consulente di Clinton che parlava di hard power e soft power, un tipo di economia legata alla capacità dì convincere, affascinare, come è il modello europeo. È stato creato neologismo per indicare valori tipici di economia possibile che non si basi sulla quantità e sul basso prezzo. Si tratta di un incrocio tra innovazione, ricerca, sapere di un paese messi accanto con la valorizzazione di quelli che sono gli asset dell’Italia come il patrimonio storico e culturale, la creatività, la capacità delle persone, la cucina che riescono ad affascinare il mondo».
Dunque, qualità e made in Italy sono stati sempre associati. In un una economia sempre più globalizzata, questo è un connubio ancora valido. «Assolutamente sì - sottolinea Bassi - La qualità è nel dna del nostro paese, è un valore che ha reso l’Italia unica al mondo. Così se è vero che la globalizzazione per l’economia è una naturale opportunità, allo stesso tempo, soprattutto per noi, è importante emergere dall’omologazione. In questo senso ci sono moltissimi esempi tra le nostre imprese. Questo è ciò che l’Italia migliore sa fare al meglio». Sempre più spesso si parla di qualità. Ma sono in molti a domandarsi se esista una «vera» qualità o sia semplicemente un modo per attrarre consumatori e clienti «Nessuno - continua Bassi - si ferma a pensare che la Qualità sia un valore pulsante, che evolve nel tempo. In quest’ottica il consumatore diventa un arbitro con valori soggettivi e percezioni diverse. Ed è proprio questo il motivo per cui talvolta la Qualità nasconde un mistero: da un lato non è mai circoscritta in parametri certi, dall’altra vive la necessità di circoscrivere i suoi confini».
Infine, il mondo dell’agroalimentare dove di solito il termine qualità è legato al nome di un marchio (doc, igp o made in Italy). Ma di sempre più prodotti si chiede il riconoscimento di qualità con il rischio di una inflazione a scapito della credibilità. «Il problema - conclude Bassi - spesso tutto italiano, è nella capacità di far rispettare le regole. L’eventuale «inflazione» di garanzie sulla qualità non è un rischio se i principi e le regole che si applicano vengono fatte rispettare scrupolosamente. Ma noi stiamo lavorando al progetto con una diversa visione. Vogliamo presentare una visione nuova del modello di Qualità. Vogliamo raccogliere imprese, e ce ne sono molte di più di quanto di pensi, diventate di riferimento mondiale per il loro settore. Territori del nostro paese, capaci di salire alle cronache mondiali per la loro unicità. Vogliamo raccontare un’Italia nuova, attraverso realtà che hanno compreso che non sempre lo sviluppo sia da ricercare nella Quantità, ma nella valorizzazione della propria storia. È una bella sfida. Ma noi ci crediamo».
(arretrato di Finanza&Mercati del 12 dicembre 2006)

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