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Gambero Rosso

Affari & Vino - L' Editoriale di Daniele Cernilli ... L'affaire Ornellaia è stato uno degli esempi, il più importante da noi in Italia, di come le cose nel mondo del vino stiano cambiando. Mediobanca e Il Sole 24 Ore ci hanno spiegato, poco più di un mese fa, in un grande servizio del quotidiano finanziario milanese, che ormai produrre vino di qualità è un vero affare. Gli utili medi delle aziende vitivinicole superano, in percentuale, quelli dell'industria, e questo significa che iniziano ad interessare gruppi finanziari e investitori che solo un paio di anni fa non erano particolarmente colpiti dal fenomeno vino nel mondo. Si muovono giganti come Southcorp, un grande gruppo australiano, che possiede, tra le altre, la Penfold's e la Rosemount, e ha dato vita ad una joint-venture con la Mondavi. Si muovono i fondi d'investimento di Wall Street, e la questione Ornellaia ha un evidente risvolto proprio in questo senso.
Il tutto a fronte di una debolezza strutturale del comparto vitivinicolo italiano, che è formato da aziende medio-piccole, basti pensare che un “gigante" come il Gruppo Italiano Vini ha un fatturato, euro più, euro meno, di circa 250 milioni, meno della metà di Mondavi, poco più di un decimo della Gallo Winery. Antinori, che vale in termini di giro d'affari, circa il 40% del Giv, è, a livello internazionale, un'azienda piuttosto piccola. Così come Zonin o Ruffino.
Cosa significa tutto questo? Innanzi tutto che il vino è sempre meno qualcosa di legato a famiglie e a personaggi, e sempre più a gruppi d'investimento. Poi che molte aziende italiane potrebbero essere nel mirino di questi gruppi. Siamo uno dei mercati più grossi e qualificati, secondi nel mondo solo alla Francia, abbiamo consumatori ancora, e sorprendentemente, legati ai prodotti nazionali, addirittura regionali in molti casi. Quindi non sembra praticabile invaderlo con vini australiani o cileni. Meglio acquistare cantine italiane, che producano vini italiani in zone prestigiose. In Toscana, ad esempio, magari iniziando da Bolgheri. Oltretutto Wine Spectator ha decretato che il miglior vino del mondo, quest'anno, era proprio di lì. Proprio Ornellaia '98, mi pare. Guarda che combinazione.
E se in Francia non si entra, perché la difesa dei patrimoni vitivinicoli è molto più sentita che da noi, e quando un gruppo giapponese tentò di acquistare il Domaine de la Romanée Conti è quasi scoppiata la rivoluzione, allora meglio optare per le dolci colline italiane. C'è storia, immagine e, soprattutto, una straordinaria varietà di vini a prezzi ragionevoli: un mix perfetto per investimenti lucrosi. È ancora fantaenologia, tutto questo, ma potrebbe esserlo per poco ancora.

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