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Gambero Rosso

Editoriale - Luglio 2002 - Venti di crisi ... I prezzi dei premier crus di Bordeaux del 2001 “en primeur” sono crollati del 40%. E questo non tanto per un’annata non esaltante: il 2001 è vicina come qualità media al 2000, considerata grande. Il fenomeno è legato con evidenza alle difficoltà del mercato nell’assorbire una sempre maggiore quantità di vini a prezzi molto elevati, che coinvolge, per la prima volta dal ’95, anche le bottiglie di maggior pregio e di maggiore fama, come, appunto, i famosissimi Châteaux bordolesi, come Lafite, Margaux, Mouton Rothschild eccetera, eccetera.
Non che costino poco, però con circa 80 Euro per bottiglia è stato possibile acquistarli “en primeur”, con consegna fra un anno e mezzo, cosa che non si poteva fare per l’annata precedente se non sborsando 130 Euro.
È l’effetto del rallentamento dell’economia internazionale dopo l’11 settembre? È la disaffezione anche dei consumatori più danarosi nei confronti di vini sempre più cari e non così più buoni di prodotti di altri paesi? Probabilmente è tutto questo insieme, con in più l’aggravante di una dinamica di prezzi insensata, che ha portato a rincari del 1000% nell’arco del decennio compreso fra il ’90 e il 2000.
Per quanto ci riguarda dovremmo essere contenti, visto che una parte della torta del mercato dei vini di qualità e di prezzi elevati ce la siamo conquistata anche noi italiani. D’altra parte, però, il rischio di subire una situazione simile c’è anche per i vini italiani.
Per adesso, infatti, i nostri Supertuscans, alcuni rossi piemontesi, riescono ancora a tenere botta. Però non possiamo sottovalutare le difficoltà che vini come il Brunello di Montalcino, il Barbaresco e in parte anche il Barolo stanno sempre più incontrando, soprattutto per problemi legati all’aumento vertiginoso dei prezzi avvenuto negli ultimi anni.
Se a questo aggiungiamo una struttura produttiva estremamente frammentata e, quindi, fragile, che affronta i mercati esteri con grandi problemi legati alla mancanza di organizzazione, ecco che il quadro non appare più tanto ottimistico.
Facciamo vini migliori che in passato, a prezzi sensibilmente più elevati e in quantità troppo scarsa. Château Lafite produce quasi mezzo milione di bottiglie, il Sassicaia meno di 200mila, il Solaia forse 100mila, il Sorì Tildin neanche 10mila. La domanda internazionale per ora supera l’offerta e i prezzi s’impennano. I Francesi, però, sanno anche diminuirli, se si trovano in difficoltà, noi non lo abbiamo mai fatto perché siamo cresciuti in modo esponenziale, occupando spazi lasciati da altri. Ma se gli altri, i Francesi nella fattispecie, con una politica di prezzi più lucida tenderanno a riprenderseli quegli spazi?
Insomma, stiamo ballando l’ultimo valzer sul Titanic, o c’è qualcuno nel mondo del vino italiano che ha qualche idea di come affrontare un mercato che inizia a diventare più difficile di quanto non sia stato nel recente passato? Da quello che vedo nutro seri dubbi in proposito. Lo “stellone” della Repubblica, e anche quello del Sassicaia, non possono funzionare per sempre.

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