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I Viaggi Di Repubblica

Calici in alto - Lazio: il nuovo mondo alle porte di Roma ... Si anima ancora il dibattito autoctoni sì, autoctoni no. Tant’è che il prossimo Salone del Vino di Torino (14/17 novembre) pare sarà incentrato in gran parte sulla presentazione dei nostri vitigni di territorio. Chi segue questa rubrica sa quanto sia schierata a favore delle produzioni che più propriamente rappresentano la nostra radice eroica. Pur tuttavia seguendo Giacomo Tachis si può dire che l’autoctonia risiede nelle peculiarità che un certo terreno, un certo clima, una certa abitudine di coltivazione danno al vino piuttosto che esclusivamente nel materiale biologico. E ancora c’è chi dice che tra fare cattivi autoctoni e buoni vini da vitigni internazionali è meglio seguire questa seconda strada. Nel Lazio che sta conoscendo, anche grazie all’impegno dell’Arsia, un rinascimento vinicolo, c’è un’azienda che ha stressato il concetto dandosi alla produzione di vini da uve “straniere” ma egualmente peculiari. E’ il progetto che nell’Agro Pontino (gran terra da vino scoperta peraltro di recente) porta avanti, con la sua Casale del Giglio, Bernardino Santarelli che si è assicurato la consulenza viticola di Attilio Scienza (più molti altri docenti di viticoltura) e quella enologica di Paolo Tiefenthaler. L’ambizione è dimostrare che il nuovo mondo può sorgere alle porte di Roma. E così Viogner, Syrah, Petit Verdot sono diventati le basi per nuovi vini laziali. In degustazione questi “stranieri” hanno davvero un che di romanesco. Che vuol dire spontaneità, calore ma anche classe antica. (arretrato de "I Viaggi di Repubblica" del 22 luglio 2004)

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