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Il Corriere della Sera

“Così creo il vino più caro del mondo” … Un enologo pop per la più aristocratica delle bottiglie Pierre-Olivier Clouet, ingegnere, è il volto (giovane) dietro al leggendario Cheval Blanc: “Ma mi sento un pediatra dei vitigni”. Una straordinaria degustazione (da 20 mila euro) a Milano... Ha la barba incolta sotto un ciuffo castano e gli occhiali da studente. Indossa pantaloni rosso Valentino. Pierre-Olivier Clouet è un ragazzone di 38 anni, gioviale e pop. Il contrario del vino che porta in tour nel mondo, il Cheval Blanc Grand Cru Classé A, il più aristocratico e leggendario dei Bordeaux. È enologo, timoniere e cerimoniere dello Chàteau nato nel 1832 e ora posseduto da Albert Frére, uno degli uomini più ricchi del Belgio e da Bernard Arnault, imperatore di LVMH, gigante della moda e dello Champagne. Nella vita precedente Pierre-Olivier era un ingegnere cresciuto in Normandia. Si definisce “un pediatra del vino. Non sono coinvolto emotivamente come una madre o un padre, come un medico bado all’essenziale, che il paziente cresca bene”. E arrivato nel 2004 nella cantina a 4 chilometri da Saint-Émilion, al confine con Pomerol, una vela di cemento bianco disegnata da Christian de Portzamparc, dalla quale si scrutano i 39 ettari di viti tra le più redditizie del mondo. “Sono arrivato per uno stage - racconta Pierre-Olivier - mi ha accolto Piene Lurton, ammistratore delegato anche di Château d’Yquem. Gli spiegai che non ero un bordolese e avrei faticato a trovare una strada in una azienda storica. Mi disse che era un vantaggio, potevo portare una visone differente da quella dominante in cantina”. Quattro anni dopo il normanno, con moglie e tre figli, si è stabilito a Bordeaux, diventando il direttore tecnico di Château Cheval Blan. “Cosa cerco? Freschezza e armonia nei vini - dice - è come se le 53 particelle di vigneto fossero altrettanti musicisti: il mio compito è comporre la sinfonia, curando ogni dettaglio”. È un eclettico, Pierre-Olivier. Conosce la Borgogna quanto Bordeaux. Insegue “non solo la qualità del vigneto ma anche l’identità, studiando e analizzando i dati. Una foto dall’alto della tenuta di 200 anni fa sarebbe simile a quella scattata oggi. Con la differenza che quella attuale ha milioni di pixel in più: oggi vediamo ogni singola pianta ad altissima definizione”. A Milano, da Cracco, ha fatto stappare sei vini. Non certo a buon mercato: il Grand Cru Classé A parte da 400 euro ma le vecchie annate toccano cifre stellari, come la bottiglia del 1947 da 6 litri che nel 2010 è stata venduta da Christie’s a 223 mila euro. Nel suo lo-ale dove tutto è splendente e soffuso, Carlo Cracco ha retto l’importanza del vino con piatti nuovi e classici, come l’insalata russa caramellata all’uovo. C’erano l’importatore di Cheval Blanc, il dinamico veneto Luca Cuzziol della Grandi Vini, un banchiere d’affari con la moglie, un ristoratore così esperto di dolci che un tempo ne offriva 32, un venditore svedese che si divertiva a indovinare una parola di italiano ogni mille. E altri 14 invitati. Ma soprattutto c’erano le bottiglie. Si parte con il Petit Cheval Blanc 2016, il bianco della tenuta, alla sua terza edizione: Sauvignon Blanc 100%, fa della freschezza la sua forza, profumi di limone e salvia e un piacevole tocco d’amaro al palato (peccato che all’Italia siano state assegnate solo 24 bottiglie). Poi lo Château Quinault l’Enclos 2014: Merlot in prevalenza, poi Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. È la versione bistrot di un grande ristorante, così lo definisce Pierre-Olivier. Scattante e intenso, perfetto per gli abbinamenti vellutati a tavola. Il terzo vino è Le Petit Cheval 2012, Cabernet Franc con un quarto di Merlot. Dai piccoli frutti alla menta, una potente cremosità che consacra il vitigno emblema dello Château. Infine le tre annate del Château Cheval Blanc Grand Cru Classé A, 2006, 2008 e 2012 (Merlot in lieve prevalenza sul Cabernet Franc, con un punta di Cabernet Sauvignon solo nel 2012). La bottiglia di 12 anni fa è imbattibile, un’eleganza placida e assoluta. Il 2008 è forse uno scalino più sotto, ma altrettanto appassionante per il suo equilibrio. Mentre l’annata più recente è vivace ma già a punto, nonostante questi vini abbiano una lunghissima aspettativa di vita, forse più degli umani che, dicono gli ultimi studi, possono essere considerati anziani solo dopo i 75 anni. Ci pensa il normanno Pierre-Olivier a garantire che la leggenda continui.

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