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Il Corriere Della Sera / Corriere Economia

“Il nostro ingrediente segreto? L’acqua” ... In Sicilia ogni anno un lago inonda i vigneti della Gurrida. E quando le acque si ritirano, si vendemmia... Nel territorio di Randazzo, nel Parco naturale dell’Etna, si estende l’azienda agricola Gurrida. Qui, dall’inizio del 1800, si coltiva il Grenache, vitigno originario dei Pirenei portato sull’Etna da Fabre, enologo francese al servizio dei discendenti dell’ammiraglio Nelson, che avevano ereditato dall’ammiraglio la Ducea di Bronte. Il grande avversario di Napoleone infatti ricevette onori, gloria e anche terre in Sicilia (dove esisteva una forte corrente antibonapartismo).
Intanto però a fine ‘800, la fillossera, parassita che attacca le radici della vite, distrusse gran parte dei vigneti d’Europa. Nella ducea di Nelson, però, alcune vigne, adesso considerate ”storiche”, si salvarono in conseguenza di uno strano fenomeno naturale. Su un altopiano, circondate dall’Etna e dai Nebrodi, racchiuse da due colate laviche, sono soggette ogni anno a un’inondazione: il torrente Flascio si riversa nella valle formando il lago Gurrida.
Quattro metri d’acqua, così, le sommergono per circa 5 mesi l’anno proteggendole dai parassiti. ”Nel 1968, mio nonno e alcuni amici acquistarono 170 ettari di questi territori come tenuta di caccia - racconta Gaetano Cesarò, titolare della Gurrida - poi, più avanti, l’azienda è rimasta alla nostra famiglia”.
Fino al 2001, il vino prodotto veniva venduto sfuso in azienda e, esportato in Toscana, Veneto, Francia e Germania, era utilizzato come vino da taglio. “Oggi si producono mediamente 60.000 bottiglie all’anno - riferisce Cesarò -. Esportiamo il 50% dei nostri vini: 1’80% va al mercato statunitense e il 20% a Belgio, Danimarca, Olanda, Inghilterra.”
L’azienda si estende nella zona più verde e ricca d’acqua della Sicilia. “Non irrighiamo mai, perché il terreno è molto umido, trovandosi sul fondo di un lago - precisa Cesarò -, siamo quasi a 1.000 metri e piove spesso. Non concimiamo: l’acqua del fiume porta sostanze nutritive. A ciò si aggiunge la cenere del vulcano, ricca di sali minerali che danno un particolare sapore al vino”.
La raccolta viene fatta rigorosamente a mano. Comincia intorno al 10 ottobre e termina i primi di novembre. “In Sicilia siamo tra gli ultimi a vendemmiare - riferisce Cesarò -. Le viti producono molta uva, circa 3.000 quintali annui, ma per fare vini di alta qualità non si può produrne tanta. Quando i grappoli sono verdi effettuiamo una prepotatura (“vendemmia verde”) eliminando il 50%. Circa 20 giorni prima del raccolto si tolgono i grappoli che si pensa non possano arrivare a maturazione, e va via fino al 15%. Poi c’è la vendemmia. Si prende solo l’uva migliore e tra questa, in cantina, si effettua poi, un’ulteriore selezione”. Un lavoro impegnativo per cui possono essere necessari fino a 80 dipendenti.
Due i prodotti di punta dei vigneti secolari: il Victory etichetta nera, e il Victory etichetta rossa. Il primo invecchia per circa un anno in botti di rovere francese, poi trascorre da 6 mesi a un anno in bottiglia. Il Victory etichetta rossa resta due anni in barrique, e in bottiglia per circa un anno. I vini sono biologici e protetti dal marchio Indicazione geografica protetta.
Anche l’estetica e la storia hanno, poi, la loro importanza. Cesarò spiega: “Le nostre etichette riproducono quadri in cui è immottalata la Victory, l’ammiraglia di Orazio Nelson nella battaglia di Trafalgar. Abbiamo così voluto rendere omaggio alla famiglia Nelson che ha introdotto i preziosi vitigni Grenache”.

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