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Il Corriere Della Sera

Vendemmia Quindici i milioni di ettolitri che saranno imbottigliati, valorizzati i vitigni autoctoni delle due isole: Sole e siccità: nasce il vino d'autore ... Poco toccato dal maltempo, il Sud quest’anno avrà meno produzione ma grande qualità. Ai vertici i rossi.
Sarà grande, ma soltanto al Sud. La vendemmia promette in bottiglia il frutto di una stagione speciale. Sole e siccità hanno catturato speranza e paura dei vignaioli meridionali, ma in quei quindici milioni di ettolitri che saranno prodotti c’è una rivincita verso il Nord, braccato da nuvole e maltempo. In Campania i bianchi hanno retto bene alla carenza idrica e si aspetta molto dall’Aglianico, che sarà raccolto a fine ottobre. Mastroberardino, Feudi di San Gregorio e Villa Matilde con il rosso Falerno, se confermeranno in cantina le avvisaglie positive registrate in vigna dovrebbero avere un’annata da ricordare. Qualche perplessità per il Primitivo in Puglia, dove tuttavia la siccità non ha colpito in modo grave i vigneti. C’è attesa e curiosità invece per l’uva di Troia, e il rosso di Castel del Monte potrebbe essere la vera rivelazione.L’ottimismo non manca alla nuova cantina Tormaresca di Antinori, così come da Leone de Castris e Michele Calò. In Basilicata, con Paternoster, Cantina del notaio, la famiglia D’Angelo, e nella Calabria di Librandi e Fattoria San Francesco, non dovrebbero stentare a ripetere le ultime buone annate.«Mi aspetto grandi cose dal Carignano del Sulicis - dice l’enologo Giacomo Tachis, talent scout dei vigneti del Sud -. In Sardegna i grappoli sono molto concentrati ricchi di zuccheri come da tempo non accadeva». Argiolas con il rosso Turriga, Sella e Mosca, Cantina Sociale di Santadi con le etichette Terre Brune e Rocca Rubia, sono le realtà che danno lustro all’isola. I vigneti di Vermentino, Torbato e Cannonau nella zona Nord sono dolci promesse. Ma la vera sorpresa dovrebbe arrivare da quella che è stata definita «nuova frontiera» dell’enologia made in Italy: per la Sicilia produrre vino di qualità non è più affare di pochi, casualità o sorpresa. L’isola è guardata come vigneto speciale dai winemaker del mondo. E qualche mese fa anche la cultura ha voluto il suo vino, nel nome di Leonardo Sciascia, non dimenticato scrittore di Racalmuto. Il Rosso della Noce, creato dagli enologi Vincenzo Bambina e Nicola Centonze, per l’azienda Le Botti di Antistene di Caltanissetta, ha rilanciato un connubio forte che l’isola non ha mai abbandonato. Già la nobiltà amava circondarsi di letterati, musicisti e poeti, invitandoli a passare l’estate nelle tenute di campagna. Il caso dei Tasca d’Almerita, che hanno ospitato Wagner a villa Camastra, dove ultimò il Parsifal , è forse l’esempio più eclatante. Vino dunque è cultura, una cultura della buona tavola, del bien vivre . Il Nero d’Avola, gran signore di questa terra, ha rivelato tutte le sue potenzialità, «con 3-4 grammi per litro di polifenoli totali», tende a precisare Giacomo Tachis. Da parecchie stagioni sulla breccia, il consulente della Duca di Salaparuta ha di recente seguito, con il direttore generale Carlo Casavecchia, la nascita di Megara, etichetta creata con assemblaggio di Frappato, Nero d’Avola e Syrah. Da questa «isola-giardino» coltivato a vigna per 136 mila ettari, di cui il 73% a bacca bianca e 27% nera, dodici mesi fa si sono ricavati oltre sette milioni di ettolitri. E la produzione per quest’anno dovrebbe ancora crescere. Stregato dal vitigno siciliano è Gianni Zonin, che dopo l’investimento nel Feudo principi di Butera, in provincia di Caltanissetta, si gode il suo cru Deliella: Nero d’Avola in purezza, ricavato da 40 ettari di vigna, in vendita da ottobre. «Vogliamo esaltare nobiltà e tradizioni di questa terra; parte da qui la nostra scommessa tra cuore e ragione, nel nome della qualità», ripete il produttore vicentino.
La Sicilia, pur valorizzando i vitigni autoctoni, il Cerasuolo di Vittoria e il Nerello cappuccio sono due esempi, non ha rifiutato quelli internazionali. Lo Chardonnay passato in legno di Planeta, in Contrada dell’Ulmo a Sambuca, è il caso forse più clamoroso. Un successo che ha fatto il giro del mondo, offrendo nel bicchiere profumi e morbidezza. Stando alle previsioni, tuttavia, sarà questo l’anno dei rossi: la temperatura mite dei mesi scorsi e la caduta regolare di pioggia consentono ai tecnici di usare il termine «eccezionale» per definire il raccolto. Finezza ed eleganza dovrebbero quindi confermarsi nei Cabernet, che hanno fatto la fortuna del Litra, etichetta cara a Franco Lena, produttore di Abbazia Santa Anastasia a Castelbuono, i fratelli Melia ad Alcamo con il Ceuso e Fastaia, ultima variante del blend con il Nero d’Avola, e di Schietto, bottiglia fortemente voluta dal principe Francesco Spadafora. Chi invece va in cerca di emozioni è l’enologo Vincenzo Bambina, che punta forte sul Syrah realizzato per la tenuta Alessandro di Camporeale. Con la vendemmia notturna di Donnafugata della famiglia Rallo, gli exploit dei Tasca d’Almerita, la Sicilia ha acquisito, con altri produttori come Benanti, Pellegrino, impegnato in un robusto rilancio, Marco De Bartoli, Ignazio Miceli, Salvatore Aiello, Pupillo di Siracusa, Hauner, Murana e il Fondo antico di Trapani, nuovo lustro. Senza dimenticare le scelte a trecentosessanta gradi di chi ha lasciato una professione per giocarsi tutto in un bicchiere di vino. È il caso del medico Maurizio Miccichè, che a San Cipirello, trenta chilometri da Palermo, ha portato l’azienda Calatrasi a livelli di eccellenza. Suo nonno vendeva vino sfuso, suo padre, medico di campagna, aveva trascurato l’azienda. Così è toccato a lui il rilancio, senza rimpianti per le corsie d'ospedale. Le sue bottiglie hanno fatto il giro del mondo, diffondendo la «luce» tutta speciale dell’isola.

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