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il Giornale

La Gallura autentica della Contralta tra anfore e poesia … Hanno frasi tratte dai versi di Umberto Saba i nomi dei vini della Contralta: L’Ora Grande, M’illumino, Al sol brilla, Fiore del sasso. Sicut erat. È un segno, un tratto poetico che identifica questa piccola e giovane cantina della Gallura, un pezzo di Sardegna che si affaccia sulla Costa Smeralda ma di questa ripudia i red carpet globalizzati, preferendo i colori naturali e i ritmi lenti come quelli che dettano il ciclo del sughero, che in questa terra ha il suo cuore italiano. La Contralta è di proprietà di un fondo di investimeno che vuole restare sullo sfondo e a me non dispiace mantenere l’anonimato, convinto come sono che a parlare debba essere il calice. Che è scintillante, nitido, verticale, con un’identità e una personalità sorprendentemente definita dati i pochissimi anni di vita dell’azienda, nata appena nel 2019. A metterci la faccia è Roberto Gariup, friulano che vive sull’isola da tre lustri e che ha portato in azienda il suo amore per i vini macerati, orange, che qui però evitano eccessi di ruvidità e sgradevolezza, cercando solo l’espressività e l’emozione. “Dopo decenni di assaggi ormai i vini tecnici, per quanto ben fatti, non mi danno quasi mai emozione. Lo fanno solo i vini macerati, con tutte le loro imperfezioni”, dice. Pochi gli ettari vitati, quelli di Palau coltivati coraggiosamente ad alberello, e poche decine di migliaia le bottiglie. Le tre etichette di bianco sono tutte a base Vermentino, che però viene fotografato in tre pose e in attitudini assai differenti. Fiore del Sasso è il best seller (10mila bottiglie), con l’80 per cento della massa che affina in acciaio e il resto in tonneau di rovere francese. Elegante e vibrante. Al sol brilla è l’“orange” della casa, con fermentazione sulle bucce per quindici giorni e sosta in tonneau per un anno. Un vino croccante, tagliente, che esprime tutta la halsamicità della macchia mediterranea. Sicut erat è invece il Vermentino fermentato e affinato in anfore di ceramica che arrivano dall’Umbria e che rispetto ad altre “marcano” poco il vino, senza trasfigurarlo. I rossi sono il Cannonau in purezza L’Ora Grande, che affina in botti di rovere per sei mesi e ne esce sottile, balsamico, estremamente elegante. E il Carignano M’illumino, che affina per diciannove mesi in rovere: un vino delicato, nervoso, dalle piacevoli note speziate e dai tannini vellutati, perfetto per l’accompagnamento alla selvaggina e a formaggi stagionali. In arrivo anche un passito, che ho assaggiato in anteprima e che promette assai bene. Potrebbe chiamarsi Le ultime cose, altro verso di Saba.

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