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Il Giornale

Grand Vintage 2015. Il primo Champagne della nuova epoca ... I millesimati Moët&Chandon (blanc e rosé) incarnano al meglio i cambiamenti climatici... C’è una data precisa in cui lo Champagne ha iniziato a trasformarsi a causa dei cambiamenti climatici: è il 2015. In quel momento, spiega Benoît Gouez, chef de cave di Moët&Chandon, “ci siamo resi conto che tutto non sarebbe stato più lo stesso”. Vendemmie sempre più anticipate (“otto dal 2003 a oggi sono iniziate già ad agosto, cosa che prima, dal 1828, non era mai avvenuta”), maggiore apporto di alcol, acidità e zuccheri difficili da gestire. Poco male, però. “La storia dello Champagne è quella di un continuo adattamento”, garantisce Gouez. Ma è anche per questo che la maison che conta sul maggior numero di vigne nello Champagne e che sente quindi questa responsabilità “di scala”, ha avviato qualche anno fa un progetto agroecologico denominato “Natura Nostra” volta a implementare e tutelare la biodiversità del proprio paesaggio. Siamo nello Château Saran magnificamente restaurato dopo anni di lavoro dallo studio di architettura parigino Atelier Cos, dall'interior designer Yves De Marseille e dal paesaggista Peter Wirtz. L’edificio, fatto costruire da Jean-Remy Moët, nipote del fondatore della maison, sovrasta il paesaggio di Chouilly e della Côte des Blancs, ed è una Wunderkammer di bizzarrie architettoniche, con magnifiche stanze a tema (la russa, l’orientale, la giapponese eccetera) che accolgono gli ospiti particolari della casa. Sono qui a parlare con Gouez proprio in occasione della presentazione dell’annata 2015 del Grand Vintage, il numero 76 della serie in bianco e il 45 del rosé. Il vintage è in Champagne sempre una cosa speciale. “Non lo produciamo tutti gli anni - dice Gouez - e per me la filosofia è opposta a quella dei non vintage nei quali l'uso dei vini di riserva serve a creare lo stessa stile e la stessa consistenza sia nelle annate buone sia in quelle meno buone”. Del resto i sans année, gli Champagne “base” che definiscono l’identità di una maison, rappresentano più del 90 per cento della produzione. Mentre i millesimati sono capolavori, “nei quali cerchiamo l'unicità attraverso il naso e il pensiero dello chef de cave”. Gouez in un’altra occasione ci aveva raccontato il suo lavoro sui vintage come quello di un fotografo: lavori su un negativo, pensi il risultato ma fino a quando l’immagine non è pronta non sai esattamente cosa aspettarti. Il 2015, quindi. “Annata interessante, anche perché esce ora, nel 2022, ed è molto simile a questa annata, con gli stessi eventi atmosferici, una primavera arida e un’estate secca e poco piovosa che ha dato uve molto sane e mature ma con poco nutrimento per i lieviti, ciò che mi ha costretto a essere estremamente preciso”. Al calice (il nuovo 870 Glass disegnato appositamente da M&C per rendere l’esperienza della degustazione ancora più soddisfacente) il 2015 è un vino espressivo, sostanzioso, materico ma senza pesantezza. Il bianco, da un assemblage di Pinot Noir (44 per cento), Chardonnay (32) e Meunier (24) ha fatto sei anni sui lieviti prima del dégorgement avvenuto nello scorso febbraio (dosaggio 5 grammi/litro). Il naso è floreale, di frutta matura, agrumi, brioche e una vena di anice stellato. In bocca avvolgente, balsamico, salino, cremoso, ben strutturato. Il fratello rosé (Pinot Noir 52 per cento, Chardonnay 27 e Meunier 21 con il 14 di vino rosso da vecchie vigne di Ilautvillers, Ay, Mareuil sur Ay e Bouzy è un sublime concerto di note aromatiche fruttate, agrumate, di pepe nero e spezie indiane, con una bocca minerale e lunga.

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