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Il Giornale

Pakravan-Papi. Una Maremma “alla francese” ... Una storia di successo nata però nel fango. Quello che ricopriva Firenze in quei giorni di inizio novembre del 1966 dopo l’alluvione e l’esondazione dell’Arno. Qui, tra gli “angeli del fango” che accorsero da tutto il mondo per salvare il patrimonio culturale di una delle più belle città del mondo, si incontrarono il maremmano Enzo Papi e l’iraniana Amineh Pakravan, allora studenti. Lei, venuta per restare pochi giorni, non lasciò più l'Italia e il suo Enzo e i due, molti anni dopo, crearono l’azienda che reca i loro cognomi, Pakravan-Papi, e che oggi sulle colline di Riparbella, nell’Alta Maremma, tra il mare e le colline, produce alcuni interessantissimi vini anche con l'apporto dei due figli Chiara e Leopoldo. La cantina della doppia P rappresenta al meglio l’altra Toscana, quella che al Sangiovese accosta e spesso preferisce vitigni internazionali che sulla costa toscana trovano spesso una nuova identità. Partiamo dai bianchi, tutti nell’annata 2021, che hanno nel “dantesco” Ribellante (la parola che lui nella Commedia usò per definire Virgilio) un episodio assai interessante: si tratta di un uvaggio di Riesling (60 per cento), Malvasia e Toscana e Chardonnay (in percentuali che variano del anno in anno) che affina sulla fecce per quattro mesi e ne esce tropicale al naso e minerale e sapido in bocca. Detta dell’aromatica ed elegante Malvasia, vale soffermarsi sul Serra de’ Cocci, uno Chardonnay in purezza di stile francese, anzi per meglio dire borgognone, minerale e adulto dopo nove mesi di tonneaux con bâtonnage delle fecce. Dei poderosi rossi ho degustato il Gabbriccio 2017, un Sangiovese “di riviera” che riposa dodici mesi in tonneaux (poi cemento e tanta bottiglia): un vino evoluto e tostato. Vegetale e indomabile il Cancellaia 2018, un super-Cabernet (60 per cento Sauvignon, 40 Franc) balsamico e sinuoso. Infine il Campo del Pari 2016, un Merlot sontuoso che trova slancio nel contributo del Cabernet Sauvignon e del Cabernet Franc.

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