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Il Giornale

I grandi gruppi investono in Sicilia per fare qualità ... Sicilia, California italiana? L’isola è una sorta di Eldorado per alcuni tra i maggiori imprenditori vinicoli italiani che qui hanno trovato strade in discesa: disponibilità di vigneti e amministrazioni locali solerti ed efficienti, tanto per sfatare un luogo comune. Citiamo il pensiero di Emilio Pedron, amministratore delegato del Gruppo Italiano Vini, il più grande produttore italiano, con sede a Calmasino (Verona): “Produrre quantità di qualità in Sicilia costa meno che altrove. I terreni costano poco ed è sufficiente che l’imprenditore faccia il suo dovere, come lo fa puntualmente Madre Natura da duemila anni, creando opportunità vantaggiose di clima e ambiente”. Pedron ha creato Giv Sud per investire in Basilicata, Puglia e appunto in Sicilia, dove ha acquisito la maggioranza azionaria della prestigiosa Rapitalà.
Per convincersi di quanto sia grande la Sicilia, d’altronde, basta ascoltare almeno una volta come ne parla Giacomo Tachis, sommo enologo, cioè con poetico entusiasmo. Tachis, tra le altre cose, è consulente dell’Istituto Italiano della Vite e del Vino di Palermo, benemerita istituzione alla quale va riconosciuto il merito di aver creato le basi di questo Rinascimento. La Sicilia incanta il mondo, da secoli: “Non è diventata California oggi, era già tale all’epoca dei Romani. E la California era ancora tutta da scoprire”, parole di Paolo Marzotto, titolare della veneta Santa Margherita, che ha investito sull’isola a titolo personale, acquistando due aziende, nella Piana degli Albanesi e a Pachino. La sua strategia prevede la realizzazione di due bianchi e due rossi, con una predilezione per le uve autoctone. Anche il gruppo trentino MezzaCorona ha puntato a Sud. Spiega l’amministratore delegato Angelo Rizzoli: “Negli Stati Uniti abbiamo un’azienda di distribuzione e abbiamo capito che stanno emergendo nuove vitivinicolture come quella australiana, cilena, sudafricana e californiana, prima di tutte, che sono proprie dei climi caldi. Abbiamo quindi esaminato dove potevamo diversificare la produzione, per poter entrare in competizione con loro”. Risultato dell’esame: in Sicilia. I gruppi Santa Margherita e MezzaCorona hanno concluso un’alleanza strategica per produrre, a Sambuca in provincia di Agrigento, vini d’alta gamma destinati al mercato nazionale e internazionale, unendo know-how, risorse finanziarie e le rispettive, estese, reti commerciali. Un’altra operazione che l’anno scorso fece davvero clamore riguarda il gruppo Ilva di Saronno, già proprietario della Florio, che si aggiudicò, per 141 miliardi di lire, un fiore all’occhiello della regione siciliana, la Duca di Salaparuta, quindi il celebre vino Corvo. Concludiamo con un pettegolezzo e una curiosità. Gira voce che anche la Marchesi Antinori stia per sbarcare in Sicilia. Renzo Cotarella, direttore generale, però, smorza i toni e parla di un “generale, grande interesse del suo gruppo per il Sud Italia”. Infine, la curiosità: se dal Nord gli imprenditori si rivolgono al Meridione, c’è chi dalla Sicilia, l’azienda Calatasi, si è spinto in Tunisia, dove produce un Carignan e uno Shiraz made in Africa. Che forza il Mediterraneo.

Feudo di Butera

Un'immagine suggestiva dei vigneti e del complesso vitivinicolo appena inaugurato dalla Zonin in Sicilia: il Feudo dei Principi di Butera, in provincia di Caltanissetta. La tenuta si estende su 300 ettari, di cui 135 a vigneto. Il Nero d'Avola è il vitigno principe, seguono Cabernet Sauvignon, Syrah e Petit Verdot ...

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