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Il Giornale

Vergogne italiane. Adesso è inutile gridare al complotto… I prodotti d’eccellenza del made in Italy alimentare suscitano in tutto il mondo sentimenti ambivalenti di ammirazione, invidia, avidità truffaldina. Sono il segno di una civiltà materiale affinata nel tempo ed è comprensibile che consumatori sempre più numerosi li apprezzino e che concorrenti sleali tentino di sminuirne l’immagine. Business is business e, mentre pirati e falsari spacciano per italiani prodotti e preparazioni che italiani non sono, industriali d’assalto, a tutte le latitudini approfittano delle nostre magagne e dei nostri controlli inadeguati per cercare di ridurre la penetrazione dei prodotti italiani sui mercati.

La bufala è un animale resistentissimo, rustico e forte, ma nulla ha potuto contro l’immagine devastante delle tonnellate di rifiuti a Napoli e dintorni. Rifiuti uguale diossina, diossina che penetra nei campi e nel latte ed ecco che la mozzarella di bufala diventa a torto un concentrato di veleni che ogni Paese, anche quelli da poco pervenuti a standard minimi d’igiene, può respingere. Si può capire l’avvilimento di allevatori e produttori costretti a ridurre drasticamente l’attività; si capisce meno la passività del governo che non ha contrastato come si sarebbe dovuto l’attacco strumentale a un settore della nostra economia.

Ma è inutile gridare ai complotti. In questo Paese ci sono moltissimi operatori, la stragrande maggioranza, che servono al meglio una clientela vastissima e composita, ma ci sono anche fior di mascalzoni che non deludono mai i nostri detrattori. Il nuovo scandalo del vino sembra fatto apposta per favorire americani, sudafricani, cileni, australiani e cinesi, oltre che francesi e spagnoli, desiderosi soltanto di erodere le nostre quote di mercato. Ma lo scandalo è tutta opera e vergogna nostra. A vent’anni dal dramma del metanolo, tornano alla ribalta vinificatori in odore di mafia che fabbricherebbero il vino dei poveri con tutti i ritrovati della chimica e l’acqua del rubinetto. Ed è facile abbinare a questa vicenda l’inchiesta sul Brunello.

L’esplosione di queste notizie distrugge la nostra credibilità di vignaioli antichi, dentro e fuori i confini; la spesa è già un rito doloroso per milioni di italiani, non c’era proprio bisogno dei timori delle sofisticazioni. All’estero, i nostri clienti cominciano a pensare di cambiare fornitore. Che fare? Il rimedio è uno solo, intensificare i controlli di qualità e stangare chi sbaglia con giudizi rapidi, pene severe e possibilmente certe. Normalmente, la strada che si segue da noi è diversa. Si montano grandi polveroni, con concorso di numerose Procure in sportiva concorrenza per gli avvisi di garanzia e le violazioni del segreto istruttorio. Col bel risultato che nel polverone i mascalzoni si mimetizzano meglio e si danneggiano soprattutto i produttori onesti. E le sentenze? Chissà quando arriveranno. Uno scandalo al giorno leva il made in Italy di torno.

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