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Il Giornale

Muccioli e i grandi vini di Romagna ... Alla scoperta della sorprendente qualità di una regione italiana che deve ancora lottare contro tanti pregiudizi. Non solo Sangiovese e San Patrignano: la Zerbina stupisce con le note dolci dello Scacco Matto... La Romagna; tanto aperta e vincente sulla costa, quanto chiusa e scettica in collina. La Romagna del vino: più che un terroir di periferia, una regione di mezzo, stretta tra l’Emilia dei lambruschi, la Toscana dei supervini e le Marche del Verdicchio. Sottovalutata dalla critica, snobbata dagli appassionati, ignorata dai turisti costaioli. Condizionata dai soliti luoghi comuni: regione di piadine, locali notturni e bagnini marpioni. Eppure se ci vieni con gli occhi del curioso tutto cambia e la lunga fascia colline preappennica (l’Appennino orientale è romagnolo, quello occidentale fiorentino) che si sviluppa da Imola a Cattolica potrebbe sorprendere perfino l’amatore più esigente.

Il loro sviluppo, ora dolce e regolare, ora più brusco e verticale, nasconde paesaggi alternativi, ritmi più blandi, risorse inaspettate. A ovest della via Emilia, adeguatamente lontani dalla pianura, la viticoltura mostra il suo lato più professionale e ricco di talento. E qui non è così raro incontrare produttori in gamba. Né imbonitori, né ruvidi contadini fuori dal tempo. Solo gente moderatamente scettica, profondamente materiale, cocciutamente realista. I vini sono lì a dimostrarlo: sostanziosi, caldi, terragni, popolari. Più capaci di stare a tavola che sulle copertine dei giornali, più a loro agio su un piatto di Castrato che su un tavolo di degustazione. Per scoprirli (più di ottanta vini e oltre venti produttori presenti), ho partecipato al vernissage di Vini ad Arte, l’unica rassegna enologica regionale che seleziona i vini d’autore senza troppi compromessi. Ideata da quelli del Convito di Romagna, e aperta pure ad altri bravi vignaioli del territorio, si è svolta per il secondo anno consecutivo nella splendida cornice del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, sotto la premurosa e impagabile direzione del Maria Cristina Geminiani, titolare della Fattoria Zerbina: “Ho scelto il museo delle ceramiche perché qui la materia principale è l’argilla, la stessa che nutre le vigne della nostra regione”. È lei il presidente del Convito di Romagna, un’associazione nata nel 2001 con l’obiettivo di valorizzare la produzione di qualità della Romagna. A oggi, nove aziende ne fanno parte: Calonga e Drei Donà - Tenuta la Palazza di Forlì, Fattoria Zerbina e Poderi Morini di Faenza, Stefano Ferrucci di Castel Bolognese, San Patrignano e San Valentino di Rimini, Tre Monti di Imola.

I vitigni protagonisti del banco d’assaggio: sangiovese, albana, trebbiano, qualche raro autoctono, più la solita litania di varietà internazionali. Il sangiovese è lo stesso del Chianti Classico e del Brunello di Montalcino, solo più orizzontale, meno sfumato e decisamente meno noto al grande pubblico. L’albana, faccia da bianco e corpo da rosso, esprime una personalità double face: ruvida e scontrosa in versione secca, dolcissima e accattivante se passita. Il Trebbiano stenta a comunicare: bianco monoblocco di poche parole, semplice, nei casi migliori scorrevole, dignitoso, ma poco altro. Tra i vitigni locali minori, c’è il rustico Longanesi (o Burson) che frusta la lingua a colpi di tannini scalpitanti (ma che al meglio ricorda un sagrantino di campagna) e l’aromatico Centesimino (da provare il Savignone 2006 della Poderi Morini) che profuma di rosa e frutti rossi come una Lacrima di Morro d’Alba. I vini eccellenti non mancano, su tutti i Sangiovese di Romagna Superiore Riserva. Il fuoriclasse del gruppo è il Michelangiolo 2005 della Calonga (ma sono da provare anche le annate 2001, 2003, 2004). Un vino potente, completo, longevo, assolutamente da non perdere. A ruota il Pietramora 2004 della Fattoria Zerbina, un evergreen in perfetta forma; l’eccellente Avi 2005 di San Patrignano, l’ottimo Petrignone 2005 di Tre Monti. Alcuni rossi di matrice internazionale nulla devono invidiare ai cugini supertuscans. E il Marzieno 2004 della Zerbina super lo è davvero, così come il Magnificat 2005 di Drei Donà-Tenuta La Palazza e il Montepirolo 2005 di San Patrignano.

Tra i dolci, l’Albana di Romagna Passito è la denominazione più consolidata della regione. E la Fattoria Zerbina il fuoriclasse della tipologia. Da non perdere sia lo Scacco Matto 2006 (ma pure il 2005, il 2004 e il grandioso 2001), un velluto di grasso e dolcezza, uno dei più grandi vini dolci del Paese, sia il nuovo “AR” 2005, una riserva dalla concentrazione zuccherina fuori dal normale: profuma di frutta esotica e in bocca è un mangia e bevi. Un occhio vigile sui tanti outsider della regione. Marco Montanari e Paolo Babini a Brisighella. Tanto moderni e ricamati i vini del primo, quanto ruspanti e profondi sono quelli del secondo. Villa Papiano a Modigliana, dove la famiglia Bordini punta su una proposta enologica tanto originale, quanto coraggiosa. Stefano Berti a Forlì e Giovanna Madonia: vini moderni, toscaneggianti, allettanti. Meno lussuosi, ma ugualmente da seguire i progressi di Paolo Francesconi a Faenza, dalla Tenuta Volpe di Roncofreddo, di Costa Archi a Castel Bolognese. C’è da rimanere sintonizzati...

Tutta la qualità in scena a Squisito…
Un’ottima occasione per degustare i grandi vini di Romagna è rappresentata dall’evento di Squisito,
squisito.org, la festa dei prodotti di qualità organizzata ogni anno da un lustro(ma per la prima volta a primavera) dalla comunità di San Patrignano. Quest’anno l’appuntamento sarà dal 30 maggioal2giugno, un autentico viaggio nel Buon paese reso possibile dallo sforzo dei 1500 ragazzi che popolano la comunità fondata nel ’78 da Vincenzo Muccioli. Con loro, saranno protagonisti pasticcieri, cuochi e artigiani del gusto.

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