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Il Giornale

Un Montepulciano da difendere dal petrolchimico ... Nel cuore dell’Abruzzo una rivolta popolare contro il presidente della Regione Del Turco per salvare il vino buono dall’assalto dei gas industriali... Il vino buono contro il petrolio. Il Montepulciano d’Abruzzo, con le sue colline dolcissime e le sue migliaia di contadini che coltivano uve soavi, contro l’Eni e un petrolchimico che andrebbe ad occupare poche decine di operai. L’economia pulita, ecologica, turistica degli antichi prodotti di qualità, contro l’economia chimica, estrattiva, gassosa delle moderne produzioni industriali. Nella tappa dell’Abruzzo e dell’abruzzese Di Luca, la vera maglia rosa va ad una grande vittoria del buonsenso e del sentimento popolare. Poche volte, nella storia e sul suolo di questa stravagante nazione, si sono vissute simili giornate di edificante plebiscito multicolore, con tutti i partiti schierati dalla stessa parte, al fianco della propria gente. Destra e sinistra, tutti contro uno: il presidente regionale Ottaviano Del Turco, ultimo sostenitore del nuovo impianto, che l’Eni vorrebbe costruire nei dintorni di Ortona. Dice lui che la Regione non può lasciarsi sfuggire queste opportunità di lavoro, eccetera, eccetera, eccetera. La solita ragion di Stato, che sacrifica la qualità della vita per la quantità della vita. Nello scorso marzo, però, il presidente si è trovato con il suo consiglio letteralmente assediato da una folla abbastanza surriscaldata. Erano seimila: tutti lì a pretendere una nuova legge, che impedisse per sempre la costruzione di petrolchimici nella terra del verde, dei parchi, dell’aria buona. Alla fine, davanti all’unanimità della votazione consiliare, persino lui, il presidente solo, si è rassegnato ad approvarla. Laconico il suo commento: “In trent’anni di sindacalismo, mai avevo visto una simile sollevazione popolare”. Vittoria definitiva? Mai sentirsi sicuri. Eni e Confindustria non si danno per vinti. Ma sarà dura in futuro ribaltare il cosiddetto sentimento popolare, mai come stavolta tanto chiaro, fermo, vigile. E civile. Dice Giusto Di Fabio, coordinatore del “Comitato natura verde”: “Noi non abbiamo colori politici e non facciamo politica. Abbiamo solo l’ambizione di tramandare ai nostri figli la stessa regione che ci hanno consegnato i nostri padri. La vera vittoria? Adesso il popolo abruzzese sa. Ed è riuscito a muoversi in tempo. Non credo che in futuro riusciranno a sorprenderci alle spalle...”. La storia di questa rivolta abruzzese non è lunghissima. Risale soltanto a un paio d’anni fa, quando l’Eni decide di piazzare a Feudo, appena fuori Ortona, l’impianto su dodici ettari per la prima lavorazione del petrolio. Si tratta di togliere lo zolfo, un processo che libera nell’aria idrogeno solforato. Lo intuisce anche un babbeo: non è il massimo per un’area che da tempo immemorabile coltiva queste colline a vite, nel tentativo - ormai finalmente riuscito - di produrre un vino di altissima qualità, puntando proprio sull’ambiente ecologicamente intonso dell’Abruzzo più vero e più bello. Il petrolio porterebbe durante la fase di costruzione dell’impianto 250 nuovi posti di lavoro, che poi a costruzione ultimata scenderebbero a una trentina. Un affarone, per Del Turco. Ma come tutti gli affaroni ha il suo prezzo. Nel caso specifico, si tratta di irrorare con gas di lavorazione i grappoli del migliore Montepulciano Doc, un mondo agricolo centenario che oggi occupa diecimila famiglie, associate nelle Cantine Tollo, nel Consorzio Cooperativo, nelle Cantine sociali di Miglianico, di Crecchio, e nel mondo privato. “In altre parole - spiega Di Fabio - si trattava di riconvertire la regione dei tre parchi (più il quarto del Reatino in arrivo), la regione che gli inglesi stanno scoprendo e salvando nei borghi antichi, la regione che sta finalmente riuscendo a farsi conoscere nel mondo come una grande oasi naturale. Ci siamo chiesti: ne vale la pena? “. Si sono posti la domanda e si sono dati una risposta: no, non ne vale la pena. A sostenerli anche uno studio dell’Istituto Negri, del novembre scorso: si parla di tecnologia obsoleta, nonché di emissioni superiori da cinque a venti volte rispetto a quelle annunciate nel progetto Eni. Due anni di battaglie, di manifestazioni, di petizioni, di raccolte-firme. Alla fine, il premio della legge regionale che sceglie il vino e rifiuta il petrolio. In vino veritas. Ma sarebbe ingiusto bollare la gente d’Abruzzo con strali alla Di Pietro, cioè come un’altra cellula locale di quel famoso “partito del no” che paralizza l’Italia. Di Fabio reagisce d’orgoglio: “Noi non siamo ambientalisti faziosi e paranoici. Abbiamo già quattordici piattaforme e tre pozzi petroliferi. Mi pare che la nostra parte la stiamo facendo...”. Si riparte. Inoltrandosi verso l’Abruzzo di montagna, il Giro offre cartoline mozzafiato di colline meravigliose e vallate verdissime, idea compiuta di un Eden possibile, già qui, su questa terra. Sfacciatamente e spudoratamente ringrazio il Cielo per aver illuminato le menti e agitato le anime, riuscendo a canalizzare la rivolta popolare verso un ideale veramente superiore. Il petrolio ci serve come e più del vino, l’Eni ha le sue bravissime ragioni, però qui è difficile stare dalla loro parte. Brindo - con Montepulciano miracolato - alla vittoria del buonsenso e della bellezza. Ogni tanto succede. Persino in Italia.

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