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Il Giornale

“Pizza, che bontà”: il dittatore Kim apre un ristorante italiano ... Non hanno riso? S’accomodino in pizzeria.
Al confronto del Caro Leader la Maria Antonietta,
passata alla storia e alla ghigliottina per aver
consigliato brioche agli affamati, era una dilettante.
Lui, Kim Jong-il, è uomo di tutt’altra pasta
e tutt’altra dieta. Pasta di grano duro e dieta mediterranea
- ça va sans dire - anche se governa
quella desolata landa nordcoreana dove i chicchi
di riso sono preziosa rarità.
Ma di carestia in carestia bisogna pur metter
qualcosa sotto i denti e così il caro leader, appena
sopravvissuto a una serie di sospetti ictus,
sembra deciso a rimettersi in forma a colpi di
pizza e “spaghi”. A riferirlo non sono le solite
inverificabili voci filtrate dall’impermeabile cortina di
ferro nordcoreana, ma un’accreditata gazzetta di regime come
“Th eChosun Sinbo”. Secondo
l’informato quotidiano, Kim Jong-il, lo scorso
dicembre, ha deciso di lanciare i suoi sudditi
verso nuovi orizzonti culinari inaugurando il primo
ristorante italiano di Pyongyang.
La Corea del Nord dunque è a una svolta. Il
Caro Leader conosciuto per sbocconcellar aragoste
con bacchette d’argento ha cambiato dieta
e s’è innamorato della cucina italiana. Certo
ora bisogna far le cose per bene. Kim Jong-il è un
perfezionista, lo sanno tutti. Nel 1978, da semplice erede
al trono del più misterioso regno comunista
del globo, sognava di aprire una Hollywood
locale e per non sbagliare fece rapire il regista
sudcoreano Shin Sank Ok e la moglie attrice
Choi Eun Hee. I pizzaioli napoletani possono
però star tranquilli. Il Caro Leader stavolta non
vuole maestri d’importazione. Rispettando le regole
della più consueta autarchia pretende di
forgiare mastri pizzaioli e chef dello spaghetto
al dente tra i confini della sua amata Corea del
Nord. E così gli assunti dopo una Margherita
non consona agli standard pretesi dal Leader
Buongustaio si sono visti recapitare un ordine
perentorio. In pizzeria pensavano già alla fucilazione
invece si sono ritrovati a studiare “Quattro
stagioni” e “amatriciane” nelle pizzerie e trattorie
di Roma e Napoli. Mentre quelli studiavano
in trasferta, i tesorieri della banca centrale mettevano mano alla
cassa per pagare le prime partite
di formaggio, latte e grano rigorosamente “made
in Italy”. Trovare materie prime in casa del
resto sarebbe stato difficile. Grazie alle lungimiranti
teorie comuniste nordcoreane, nelle desolate terre non cresce manco la gramigna e i contadini
si consumano di fame e stenti. Il milione di
contadini morti durante la carestia della fine anni
’90 e quelli che continuano ancora oggi a lottar
per una ciotola di riso non scoraggiano il caparbio signore di Pyongyang.
Abituato a dividersi
tra 17 palazzi fortezza, il Caro Leader non ha
tempo da dedicare a bazzecole demografiche e
algide statistiche alimentari. Il suo compito è
educare il popolo. Come spiega Kim Sang Soon,
il fidato Trimalcione messo a gestire la cucina
tricolore di Pyongyang. “Quando il generale ha
ordinato di aprire questo ristorante - racconta -
ha detto che tutti i nordcoreani devono poter
gustare i più deliziosi piatti della cucina internazionale”. Dunque bando alle lamentele, i contadini
affamati possono accomodarsi in pizzeria.

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