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Il Mattino

Vino transgenico, coro di no ... Una bella vite resistente alla siccità e capace di respingere l’assalto dei parassiti più terribili. Una bella vite su cui è inutile fare trattamenti di sorta risparmiando così tempo e danaro. Una bella vite capace così di essere costante sul piano produttivo e qualitativo. Ecco il sogno, magari inconfessabile, di ogni viticoltore che l’agricoltura transgenica si appresta a risolvere nel giro di qualche tempo mettendo in produzione gli organismi geneticamente modificati, i famosi o famigerati dipende dal punto di vista ogm.
Slow Food ha scelto il convegno organizzato a Bologna su «Vite e ogm, la via italiana» dalla Regione Emilia Romagna per lanciare un manifesto sull’argomento, tornato d’attualità dopo la direttiva comunitaria di febbraio sulla commercializzazione dei «materiali di moltiplicazione vegetativa della vite» che ha posto le basi legislative per l’immissione della vite modificata geneticamente. «La nuova scommessa - dice il vicepresidente Mojoli - sarà quella di coniugare la salvaguardia del territorio e la genuinità del prodotto con un concetto di qualità globale. Sempre di più il vino non dovrà essere buono da bere, ma anche buono da pensare in quanto espressione di un’agricoltura ecosostenibile».
Discutere su ogm-sì e ogm-no oggi non solo ripropone una diatriba tipicamente italiana non risolvibile, ma non elimina il problema che comunque si porrà con l’apertura totale delle frontiere, nonostante le rassicuranti dichiarazioni fatte proprio ieri a Bologna da Federico Vecchioni della giunta esecutiva della Confagricoltura: «Oggi non esiste nel mondo un solo ceppo di vite transgenica in produzione». Il discorso, su cui punta Slow Food e che vede d’accordo le regioni e lo stesso ministro Alemanno, presente ieri al convegno, è la difesa della qualità produttiva e la chiarezza nei confronti del consumatore. E allora? Stabilire per esempio che igt, doc e docg italiani non possono essere prodotti con viti ogm è sicuramente un passo concreto a cui hanno già aderito importanti consorzi come quello del Brunello di Montalcino. E scrivere sull’etichetta ogm free, altra richiesta, è un elemento di chiarezza per chi acquista libero di scegliere. Il comitato delle regioni italiane ha proposto di costituire un gruppo di lavoro tra gli assessorati regionali, il governo e i gruppi di interesse per prevedere un efficace sistema di «tracciabilità» così come si è cominciato a fare con la carne dopo la crisi di «mucca pazza» con l’obbligo di segnalare al consumatore se il vino è stato ottenuto con viti ogm e garantire un sistema per evitare contaminazioni accidentali.
La scelta non è facile. Pacetti della Cia, Bedoni della Coldiretti sono nettamente contrari, così come la Federconsumatori, alla vite ogm mentre la Confagricoltura insiste soprattutto sulla questione della «tracciabilità». Si tratta comunque di scelte non facili, ma da fare subito sfruttando il trend estremamente positivo vissuto dal vino italiano in questi anni. Tra poco potrebbe essere troppo tardi.

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