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Il Mondo

C’è poco da brindare ... Se dovessimo attribuire un Oscar per un cattivo uso del marketing non avrei alcun dubbio. Il riconoscimento andrebbe, di diritto, al vino italiano. A un prodotto cioè per cui il nostro Paese può vantare grandi e meritati crediti e il cui consumo va estendendosi, esponenzialmente nel mondo. Protagonisti però di questa escalation sono i vini californiani, sudafricani, cileni, francesi, australiani e di tanti, tanti altri Paesi.
Basta andare in un supermercato americano per constatare l’assenza o la marginalità dei vini italiani. Un buon esempio appunto di un prodotto eccellente, grandi tradizioni e un anacronistico balbettio sul fronte del marketing. Il prezzo di gran parte delle marche è semplicemente sconsiderato. Una ricerca condata da Gpf a Vinitaly indicava in 5 euro il prezzo atteso per una buona bottiglia di vino. Quasi nessuna marca ha un tone of voice sufficientemente elevato per emergere dal rumore indistinto di sottofondo.
Definire carente la distribuzione è un eufemismo. Il problema del posizionamento (al di là della provenienza geografica) non si pone nemmeno. I giornalisti specializzati continuano a dissertare su marche d’eccellenza che hanno il torto di risultare introvabili e di costare una fortuna. I ristoranti, con alcune lodevoli eccezioni, non servono il vino al bicchiere ma sempre in grandi formati. Mai che propongono (è anzi considerato disdicevole) di portar via, come succede in molti Paesi, la bottiglia non ancora terminata. Optare per l’acqua minerale è l’alternativa allora più probabile. (arretrato de "Il Mondo" del 20 febbraio 2004)

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