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Il Mondo

Se l’artigiano diventa un’industria leader ... Vini di qualità, componenti meccaniche, design... Tutti con un comun denominatore... Vino di qualità in Molise? Un ossimoro. Finché Slow Food non assegna tre bicchieri a un rosso composto da Montepulciano e Aglianico chiamato don Luigi. E rivela al grande pubblico Luigi Di Majo e le sue vigne che guardano l’Adriatico, sui poderi dei marchesi Norante di Santa Cristina. Vino, i fattori ne hanno fatto da sempre, ma finiva in Francia o in Germania insieme a quello pugliese. Finché la famiglia non ha deciso di lanciarsi in quella rinascita del bere italiano (guidata dagli Antinori o dai Gaja, dagli Incisa della Rocchetta o dai Rallo di Donnafugata), che ha conquistato prima le colonne di Wine Spectator poi il mercato a stelle e strisce.
Proprio negli States vende buona parte del suo milione di bottiglie Di Majo Norante, grande fornitore anche di Systembolaget, il monopolio svedese degli alcolici che è il primo mercante del mondo. Chiamatela pure come preferite: strategia di nicchia, o globalizzazione all’italiana. Per Giuseppe Roma, direttore del Censis, sta già diventando un modello. Dall’agricoltura all’industria, dai servizi finanziari al turismo, l’intero sistema si adatta al mercato. Lo fa con difficoltà e con una certa lentezza. È un processo che impiegherà ancora anni. Ma il made in Italy ha trovato il suo modo di stare al mondo, anzi nel nuovo mondo. Come? E l’uovo di Colombo: trasporta su scala industriale la cultura artigiana. Una strategia antica. Solo che ora i subfornitori di una volta diventano produttori on demand e le fabbriche che sfornavano prodotti di largo consumo vanno a occupare la fascia più alta. Al sapere materiale si aggiunge quello immateriale e persino quel vivere borghigiano, parte integrante del modello italiano analizzato da Fernand Braudel.
Basti guardare all’agriturismo che offre ormai 204 mila posti letto o ai bed&breakfast che crescono al ritmo del 300% l’anno. Anche l’industria del tempo libero si riorganizza. Partendo dal basso, talvolta da microimprese, inserite però in una struttura a rete (si pensi al ruolo che hanno da questo punto di vista Slow Food o Il Gambero Rosso). Una formula non diversa da quella della nuova industria: qualità, prodotti su misura, pluralità di offerte, filiera. Il segreto è sempre lo stesso: «Fare cose che piacciono al mondo», diceva Carlo Maria Cipolla.
(arretrato de il Mondo dell'8 dicembre 2006) 

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