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Il Mondo

Questa terra è sempre più da bere ... Enologia. La rinascita della produzione vitivinicola uno, dei settori di eccellenza della Sicilia È cominciata con il Nero d’Avola. Poi sono stati riscoperti l’inzolia, il Catarratto, il Grillo... E non è finita... Possiede il vigneto più grande d’Italia. Con 118 mila ettari di vigne, la Sicilia rappresenta il 17% dell’intero patrimonio produttivo nazionale. Ed è una delle regioni vinicole più trendy del Paese: da qualche anno, il vino siciliano si è conquistato un posto al sole sul mercato domestico e spazi di grande notorietà anche oltre confine. Protagonista della rinascita enologica della regione è il Nero d’Avola, il vitigno superstar delle uve rosse siciliane.
Ma fanno la loro parte anche i bianchi Inzolia, Catarratto, Grillo: freschi e intriganti.
Armi molto efficaci nelle mani dei vignaioli siciliani, intelligenti e con i piedi per terra, che hanno cavalcato l’onda investendo in qualità, orgogliosi dei risultati raggiunti e di essersi scrollati di dosso la vecchia immagine delle autocisterne del loro vino dirette al Nord della Penisola (e in Francia) per irrobustire la produzione altrui. Ma anche consapevoli che la competizione sempre più dura e globale non permetterà di vivere sugli allori. Va detto, inoltre, che La Sicilia del vino ha tuttora due facce: quella del vino sfuso (di qualità medio-bassa) che è da tempo in grossa difficoltà e quella del vino imbottigliato che, pur rappresentando solo il 15% della produzione totale, veleggia con il vento in poppa e rappresenta l’immagine della Sicilia del vino.
Chi sono i protagonisti di questa terra? La regione è un concentrato di aziende di valore. Aziende storiche, sinonimo di grandi vini, come la blasonata Tasca d’Almerita, del conte Lucio e dei suoi figli Giuseppe e Alberto, bandiera dell’isola, e altre più giovani come quella dei fratelli Diego e Alberto Cusumano. Cantine già affermate sulla piazza internazionale, come Donnafugata della famiglia Rallo, tra le realtà più significative e apprezzate dell’isola e altre che hanno alle spalle poche vendemmie come la Tenuta di Serramarrocco del barone Marco Marrocco Trischitta, vignaiolo per passione oltre che manager della Aon, multinazionale di brokeraggio assicurativo. Altri esempi? Planeta, la cantina guidata dai cugini Alessio, Francesca e Santi Planeta, simbolo del successo del vino siciliano.
E, ancora, la cantina Benanti, culla dei vini dell’Etna; Zisola, prezioso investimento siciliano dei marchesi Mazzei, nobile casata toscana; Calatrasi, dell’ex medico convertito alla vigna Maurizio Miccichè; Tenuta Rapitalà, bella appendice siciliana del Gruppo italiano vini; Feudo Maccari proprietà dell’imprenditore tessile Antonio Moretti, che ha già raccolto successi con i vini della Tenuta Sette Ponti in Toscana; Settesoli, cooperativa di alta qualità.
Ben 65 tra le più importanti imprese del comparto vitivinicolo regionale si raccolgono in Assovini Sicilia, l’associazione presieduta da Lucio Tasca d’Almerita, che ha appena archiviato la quarta edizione di Sicilia en primeur, evento riservato agli addetti ai lavori (che assegnano un punteggio alla qualità dell’ultima vendemmia) che rappresenta uno dei più efficaci trait d’union del vino siciliano con le piazze internazionali.
Il rating della vendemmia 2006? Cinque stelle, ovvero meglio di così, non si può.

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