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Il Mondo

Le lezioni del Pellegrino sulle fusioni bancarie ... Sostiene Umberto Eco che i libri “non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine”. Se poi si tratta di un’opera, meglio di un saggio sotto forma d’intervista, che indaga sull’Italia bancocentrica soffocata dai conflitti d’interesse, il giudizio del lettore (preparato) rende più forte l’assunto del semiologo e autore de Il nome della rosa. Così alla vigilia del matrimonio tra Unicredit e Capitalia, con Cesare Geronzi che ha portato in dote ad Alessandro Profumo la sua creatura ormai possibile preda del risiko bancario, Bruno Tabacci si è spinto in Irpinia, nei Feudi di San Gregorio, per discutere del suo libro (Politica e affaria cura di Sergio Rizzo, Laterza) con il professor Pellegrino Capaldo.
Di fronte ai vigneti che producono tra i migliori bianchi e rossi della Campania, l’ex presidente della Cassa di Risparmio che dell’enologia ha fatto un hobby redditizio ha molto apprezzato il lavoro, politico e intellettuale, svolto dal deputato dell’Udc. Ma sulle privatizzazioni all’italiana, criticate da Tabacci, di cui Pellegrino è stato uno dei primi protagonisti insieme al collega Giuseppe Guarino nella seconda metà degli anni Ottanta, il professore resta convinto che la sua logica “non implica che soprattutto determinati servizi siano necessariamente resi alla logica del mercato”. Come a ripetere: c’è la finanza del ragioniere e la finanza strategica.

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