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Il Mondo

La regione può vantare, tra le produzioni agroalimentari, anche un olio di prima qualità e un’ampia selezione di formaggi e salumi... Saranno oltre 350 etichette rappresentanti di 90 aziende a partecipare alla selezione dei vini del Lazio che il 20 e il 21 luglio si tiene nello storico e scenografico palazzo Pallavicini, di fronte al Quirinale. Questa iniziativa conferma la posizione di rilievo assunta dalla regione nel panorama nazionale, culminata solo pochi giorni fa nell’assegnazione della prima Denominazione d’origine controllata e garantita, al Cesanese del Piglio.
Troppo lungo sarebbe elencare le aziende vinicole di qualità della regione. Partendo appunto dal Cesanese del Piglio, prodotto in provincia di Frosinone, si può ricordare ad Acuto l’azienda Casale della Ioria,
dove il titolare Paolo Perinelli segue personalmente la produzione di rossi come il Cesanese e di bianchi come la Passerina del Frusinate. Il cuore della produzione vincola laziale rimangono, però, i Castelli romani. Se questi vini hanno perso la poco invidiabile nomea che li affliggeva fino a non molto tempo fa il merito è di aziende come la Castel de Paolis di Grottaferrata. Qui Giulio Santarelli, ex sottosegretario all’Agricoltura, ha creato con la moglie Adriana e la collaborazione del professor Attilio Scienza un gioiello d’azienda in sette anni di lavoro sui terreni, finché nel ’93 ha esordito con la propria etichetta. Il ventaglio di offerte della Castel de Paolis è vasto, ma per quest’annata Luciano Pignataro, forse il maggior esperto di vini centromeridionali, consiglia di puntare, oltre che sul Frascati doc superiore, che ha ottenuto le
Vigna Adriana, una tipologia di Frascati considerata il simbolo della cantina, di incredibile longevità. Tra il mare e il lago di Albano, a pochi passi dalla villa pontificia di Castel Gandolfo, la famiglia Di Mauro è giunta alla terza generazione dell’azienda Colle Picchioni, il cui Marino è suggerito
anche da Hugh Johnson, uno dei più noti scrittori di cose vinicole al mondo. Nella stessa zona, a Montecompatri, la Tenuta Le Quinte produce un eccellente Virtù romane, un blend di uve (malvasia puntinata, grechetto, bombino, bellone e trebbiano giallo) dal gustoso risultato.
Un’altra località storicamente importante per il vino laziale è Montefiascone, patria del famoso Est! Est! Est!, dove gli enologi Riccardo e Renzo Cotarella conducono dal ’79 l’azienda Falesco. A non molta distanza, apprezzabile è il lavoro della Cantina sociale di Cerveteri con il bianco Fontana Morella e il rosso secco Vigna grande. Scendendo verso Sud, a Olevano Romano (località già magnificata per uve e vino da Plinio il Vecchio) da qualche anno si sta impegnando a valorizzare il locale Cesanese la Compagnia di Ermes, magari utilizzando antiche tecniche come la conocchia, che permette l’irraggiamento a 360 gradi della pianta. Notevole è anche il suo Cibele, un bianco frutto dell’unione di due vitigni autoctoni, l’Ottonese e il Bellone. In località Ferriere, a pochi chilometri dai Castelli, ma in provincia di Latina, un territorio bonificato negli anni Trenta, ha sede l’azienda Casale del giglio, condotta da Dino Santarelli, un cognome storico nel mercato del vino romano fin dall’Ottocento. Tra i suoi numerosi vini di qualità spiccano il Petit Verdot, il Mater Matuta, il Madreselva. Sul mare di Terracina, a non molta distanza dal confine con la Campania, la famiglia Pandolfo (che a Pantelleria vinificava già in epoca borbonica e che per molti decenni aveva prodotto vino per il mercato francese in Tunisia) conduce la Cantina Sant’Andrea che da il meglio con il Circeo bianco Riflessi e il rosso Preludio alla notte.
Dal vino all’olio, come in molte zone d’Italia, il passo è breve anche nel Lazio. A Blera, in provincia di Viterbo, la Colle Etruschi non solo produce olio ai primi posti nelle principali guide del settore, ma ha introdotto nelle sue bottiglie un’originale innovazione: il beccuccio dosatore, a scomparsa, sotto il tappo a vite. Nel cuore della Sabina romana, la Silvi Sabina Sapori, oltre alla produzione dop mediamente fruttata, è l’unica produttrice in purezza di Salviana, una varietà estremamente rara. A Canino, la Cerrosughero di Laura De Farri realizza un magnifico fruttato leggero premiato (insieme all’olio della Silvi Sabina Sapori) anche al recente Sirena d’oro di Sorrento, una delle maggiori iniziative nel settore.
Tra le altre produzioni agroalimentari laziali significativi sono soprattutto i formaggi e i salumi. Da pecore che vivono tra il Terminillo e le campagne circostanti, ancora praticando la transumanza e senza comprare latte all’esterno, la famiglia Stocchi (oggi a guidare l’azienda con sede ad Albaneto è Domenico) produce da molti decenni ricercati pecorini (anche allo zafferano), primo sale, caciotte, tutto con certificazione biologica. A Bagnoregio l’Alta Tuscia formaggi realizza ricotte, pecorini stagionati e pecorini speciali: al mosto, alla cenere e all’aceto balsamico. Tra i laghi di Bracciano e Martignano l’Acquaranda di Massimo Antonini sta contribuendo a riportare in auge l’unicità del caciofiore (già descritto dall’agronomo romano Columella), uno dei rari formaggi a latte crudo di pecora realizzati a caglio vegetale. Notevole è lo stesso caciofiore delle due aziende di altrettanti fratelli di origine sarda, Bruno e Sergio Pitzalis, che ancora praticano la transumanza, così come i formaggi di Alfredo e Maria Teresa Catarci e dei Due laghi. Ai confini con la Campania si trovano ottime mozzarelle di bufala, ora con un marchio che rappresenta il Colosseo. Di medie dimensioni è il caseificio Francia, che sta incrementando la sua presenza sui mercati internazionali e, secondo indiscrezioni, sarebbe interessato alla Pettinicchio, un altro marchio noto, da qualche tempo in difficoltà.
Sul fronte dei salumi il nome più conosciuto tra i produttori laziali è senz’altro quello della Fiorucci. L’azienda con sede a Pomezia da tre anni è controllata dal fondo Vestar, ma sarebbe in procinto di passare nuovamente di mano. Di certo sta puntando sulla fascia alta del mercato, con una nuova linea produttiva aperta da un salame completamente naturale. Numerosi sono i piccoli produttori di qualità, dall’Antica norcineria Morelli di Castiglione in Te-verina alla Norcineria artigiana di Piero e Roberto Palazzini a Nepi. Insomma una sorta di paese di cuccagna che, in sintesi, è proposto all’enoteca regionale Palatium, che ha sede in via Frattina, a pochi passi dalla cornice di piazza di Spagna. Ora sta per sbarcare in tutta la regione, con sette nuove sedi in franchising, dove si mangiano e si bevono (grazie soprattutto a Giulio Somma, che ha contribuito a rivitalizzare l’istituzione, dopo aver lavorato con successo al rilancio del Prosecco di Valdobbiadene) in maniera eccellente solo prodotti nati nel Lazio.

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