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Il Mondo

Viticoltura di ritorno … E un imprenditore-emigrato di ritorno. In poco più di vent’anni, Claudio Quarta, lasciata Lecce fresco di laurea in Biologia alla Sapienza di Roma, è stato ricercatore, direttore di laboratorio, manager e capitano di industrie biotecnologie quotate a Milano e al Nasdaq di New York. Per poi fare ritorno appunto, è storia recente, in Salento allo scopo di riscattare gli anni dell’abbandono, sentito quasi come un tradimento, lanciandosi in un’attività imprenditoriale antica e radicata nel territorio, la vitivinicoltura, ma con un’impostazione affatto nuova. Quarta ha creato una società holding di partecipazioni, la Quarta & Partners, con la filosofia di investimenti del private equity, ma con una differenza fondamentale: l’impegno della società non è mordi-e-fuggi, al massimo di cinque anni, come nei private equity, ma possiede un’ottica di lungo periodo. Quarta punta a un modello a grappolo di piccole cantine deputate alla migliore produzione di territorio, ognuna in quantità discreta, come si addice ai vini di terroir, ma tutte insieme in quantità ampia e ampiamente diversificata. Insomma, in grado di garantire una massa critica dal punto di vista commerciale, grazie al sostegno finanziario, tecnico, scientifico (con progetti che per ora coinvolgono l’università di Milano e il Bioparco dell’Insubria) della capofila, Magistravini, direttamente
controllata dalla Quarta & Partners, senza snaturare le singole vocazioni delle diverse cantine del grappolo. Per ora fanno capo a Magistravini la Emera di Guagnano, in provincia di Lecce, che produce vini bianchi, come l’Amure, e rossi, come il Primitivo e il Negroamaro; la Sanpaolo di Torrioni, nei pressi di Avellino, con i vini tipici dell’Irpinia, dal Fiano all’Agiianico; la Nitti di Pulsano, nel Tarantino, una tenuta storica appartenuta a Francesco Saverio Nitti, che andrà in produzione l’anno prossimo. L’obiettivo di Quarta è quello di arrivare a dodici-quindici cantine e, in seguito, approdare in Borsa per trasformare un progetto destinato a esaltare le caratteristiche territoriali dei vini italiani in un progetto mondiale per combattere il vino globale, scaturito da esigenze di marketing, che ha uniformato il gusto, ma sta trasformandosi in una palla al piede per l’economia vitivinicola, alle prese con una forte crisi. Non è un caso che Quarta sia pugliese. Questa regione, infatti, si è riscattata dallo stadio di sudditanza rispetto ad altri territori vocati alla vitivinicoltura soprattutto grazie a un gentiluomo, Cosimo Taurino, morto prematuramente oltre dieci anni fa, il quale, lasciata a impolverare la pergamena di laurea in Farmacia conseguita a Pavia, decise, con l’aiuto di un enologo di altrettanto fiuto e grande tecnica, Severino Garofano, di produrre nel Salento delle sue radici e poi affermare vini di alta classe con uve Primitivo, Negroamaro, Malvasia nera, violentate in precedenza e per secoli a diventare vini da taglio, molto alcolici, da pagare un tanto a grado. Insomma, se la Puglia è diventata una delle regioni trainanti della rinascita vinicola italiana è anche merito di professionisti, come Taurino, provenienti da settori diversi che, talvolta senza lasciare la prima attività, l’hanno diversificata portando nella vitivinicoltura le esperienze precedenti. È il caso di personaggi provenienti da attività addirittura opposte, come il cantante Al Bano e l’economista Nicola Rossi. Nelle tenute di Albano Carrisi, a Cellino San Marco, sul litorale brindisino, si producono con il tradizionale metodo dell’alberello pugliese (di minore resa, ma superiore qualità) il Don Carmelo rosso (dedicato al padre, da Negroamaro all’85% e Primitivo al 15%), il Platone rosso e il Mediterraneo rosato (da Negroamaro al 100%), premiati tra gli altri dall’Associazione italiana sommelier e dal Gambero rosso. Nicola Rossi, economista, banchiere e attualmente parlamentare del Pd, possiede con il fratello Fabrizio la tenuta Cefalicchio, a Canosa, dove si producono eccellenti vini da uve Piano, Moscato e Nero di Troia. In Puglia l’elenco completo degli agricoltori (e soprattutto dei vitivinicoltori) per vocazione sarebbe molto lungo. Passa
per commercialisti come Raffaele Perrone Capano, medici come Paolo Benegiamo, consulenti come Alberto Longo. Perrone Capano a Corato, fra le colline della Murgia barese, produce soprattutto uno squisito Nero di Troia, un vino che ha contribuito ad affermare. La punta di diamante della sua azienda, i Vini Santa Lucia, è destinata a essere il Riserva 0,618 Castel del Monte doc che si rifà al numero rappresentato dalla successione numerica di Fibonacci, utilizzato in epoca medievale per progettare ed erigere cattedrali e castelli, un numero enigmatico celato nel patrimonio architettonico donato all’umanità proprio con il Castel del Monte dal genio di Federico II. La nuova etichetta è il frutto di otto anni di invecchiamento sotto il livello del suolo, cui seguono diciotto mesi di affinamento in botte e infine in vetro. Benegiamo a Cutrofano, nel Salente, produce un magnifico Negroamaro con l’etichetta dell’Astore Masseria. Longo, partner di Kpmg, ha fatto conoscere un vino delizioso, il Cacc’e Mitte, a base di uva Sumarello, al di fuori dei ristretti confini di Lucera, dove viene prodotto, e della provincia di Foggia recuperando anche la tradizionale e rarissima forma di coltivazione dell’uva a pagliarello. Da un capo all’altro della regione, Franco Tamborino Frisari, di una storica famiglia di banchieri, politici, commercialisti, ha lanciato l’azienda agricola Corte de’ Droso, rinomata oggi soprattutto per l’olio extravergine da olive di qualità locale raccolte a mano. Sempre in Salento, a pochi chilometri da Maglie, Paride De Masi (patron della Italgest e responsabile Energie rinnovabili di Confindustria) dalle olive raccolte nei suoi poderi fa ricavare a Casarano un elisir d’olive, come giustamente ama chiamarlo, dal profumo intenso, carico di sapore, l’Oroverde, prodotto non per la vendita, ma solo per una ristretta cerchia di amici-intenditori.

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