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Il Mondo

Quei nobilissimi business ... Banchieri, finanzieri, ma anche capaci di gestire un’azienda. Così il club di principi, duchi e conti non è mai sceso dal trono... La grande rete dei manager dal sangue blu... ...Brokeraggio e un calice di vino. “Non mi vergogno affatto dei 1.200 anni di storia di famiglia alle spalle, una storia radicata a Siena, e alla sua terra”, dice Flavio Piccolomini Naldi Bandini, al timone di Marsh Italy (brokeraggio assicurativo). Ma aggiunge: “I quarti di nobiltà non mi hanno aiutato, però. L’aristocrazia oggi non assicura privilegi, semmai impone di far superare dei pregiudizi: ho passato i primi 16 anni della mia carriera all’estero, e in un contesto globale non ci si fa certo influenzare dall’ascendente nobiliare. Tanto meno ci si fa impressionare da un titolo italiano”. “Viviamo in un mondo di relazioni e specie nel nostro mestiere, i contatti contano. Come pure nel circuito degli architetti”, osserva però Luca Franzi de Luca, ad di Rasini Viganò assicurazioni. “Ma è altrettanto vero che oramai conoscere molte persone di mondo non basta più”. Franzi ha ereditato i suoi quarti di nobiltà da una trisnonna Visconti e dai marchesi Teodoli. “Il nostro è un antico cognome del Patriziato senese, e andiamo naturalmente orgogliosi dei valori famigliari”, spiega anche Niccolò Cornucci, direttore generale delI’Airc (l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro), “ma non ho mai fatto sfoggio del mio casato identificato con il rinascimentale Palazzo Contucci di Montepulciano, progettato da Antonio da San Gallo il vecchio nel Cinquecento. Riconosco, però, che è proprio la storia di famiglia che mi ha trasferito il senso del rispetto del lavoro altrui. E su questo ho costruito il mio profilo professionale, sin dal primo lavoro per un Festival culturale e fino a quando, nel 1992, Susanna Agnelli mi chiamò a lavorare per Telethon. Sognavo la diplomazia e mi ritrovai invece impegnato con il fundraising”. E come si conserva un patrimonio? “Abbiamo rinunciato a qualche vacanza esotica in più, per restaurare beni del casato, per esempio un raro strumento musicale come un fortepiano che abbiamo spedito fino ad Amsterdam. E poi coltivando imprenditorialmente antiche passioni degli avi: mio zio ha fatto del rilancio del Vino nobile (di Montepulciano) Contucci un business”. Altro esempio, il marchese Eugenio Litta Modignani, che si è messo a produrre vodka in Russia, La Tovaritch, investendovi la liquidazione del precedente impiego come manager. O il conte Gelasio Gaetani d’Aragona Lovatelli, produttore e grande connoisseur di vini che sta girando con l’imprenditore Arturo Artom una serie di documentari per la tv sui grandi vitigni e vini italiani. Per non parlare dei Marchesi
di Frescobaldi, un casato ormai identificato con la cantina omonima. “Certo, nessuno vive più delle glorie di ieri”, nota anche Carlo Ripa di Meana, di antica aristocrazia piemontese, commissario europeo negli anni Ottanta, e poi ministro dell’Ambiente nel governo Amato, ma anche ex presidente della Biennale di Venezia. Da ultimo il marchese è stato impegnato con Italia Nostra. “E personalmente non mi sono mai fatto vanto della storia di famiglia”, aggiunge il fratello dello scomparso avvocato Vittorio Ripa di Meana (che è stato invece presidente del patto di sindacato di Capitalia), “ma non sono stato l’unico, anche perché i patrimoni si sono assottigliati e non c’è più spazio per un ceto patrizio che viva di sola rendita. O meglio: forse c’è ancora qualche grande patrimonio agricolo, in Puglia o Sicilia, ma i proprietari terrieri del 2010 sono comunque scesi in cantina. E adesso sfidano i mercati internazionali con i loro vini. Insomma, la nobiltà italiana si è data da fare: dai Montezemolo, abili con l’imprenditoria, ai Piccolomini o Frescobaldi”...

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