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Il Secolo Xix

Vino naturale ma per pochi se un “cru” costa 190 euro. Verona, al Vinitaly rassegne parallele, con prodotti ultra esclusivi ... Lasciano la Fiera di Verona, dove è in corso fino a lunedì Vinitaly, quasi alla chetichella. Pochi chilometri in auto verso villa Mattarana. C’è un’espressione quasi di trasgressione, sul volto di decine di enotecari, sommelier, ristoratori, commercianti e appassionati, che entrano nella villa cinquecentesca per la terza edizione di “Vini Veri”. Concordano: «Qui è la nuova frontiera del vino». “Controvinitaly”, l’ha definito qualcuno, ponendo l’accento sulla tendenza trendy a “snobbare” le grandi manifestazioni per vetrine più selettive. Ma i produttori, ne fanno una questione di prodotto e di filosofia di produzione. Li accomuna il desiderio di fare il vino rispettando il più possibile la natura, nel vigneto e in cantina. «Vini secondo natura», li definisce il nuovo presidente del gruppo, Teobaldo Cappellano, produttore di Barolo in Serralunga d’Alba. Vini più costosi: seguire la natura comporta rischi, fatiche e prezzi più elevati. «Ma gli unici vini che giustifichino un prezzo più alto, sono questi. Non quelli costruiti dagli enologi» afferma l’importatore genovese Luca Gargano (Velier) per il quale «sono la nuova frontiera dell’enologia».
Così mentre il sondaggio internazionale promosso da Vinitaly e Civiltà del Bere consacra i “vini mito” degli ultimi 40 anni, incoronando il Sassicaia “mito dei miti”, Gaja “cantina mito” e suscitando qualche malumore (sembrano troppi tre Amaroni premiati di fronte alle assenze di un monumento come il Brunello di Biondi Santi o del best seller Sagrantino 25 Anni di Caprai) gli appassionati cercano qualcosa di diverso. La cosa più sorprendente a Villa Mattarana sono i profumi, soprattutto nei bianchi: incredibilmente diversi uno dall’altro, floreali, fruttati. Al gusto i rossi non sempre sono facili da decifrare: qualcuno addirittura può apparire naif, quasi un vino d’altri tempi. Ma meraviglia, piacevolmente, la loro diversità. «E’ un’esperienza entusiasmante» racconta Gianni Luxoro, enotecario di Carloforte. «Ho assaggiato dei vini molto interessanti» conferma Sigfried Baumagartner del ristorante “Schoeneck” di Falzes (Bolzano). Ai fondatori di Vini Veri - Bea, Niccolaini (Massavecchia), Radikon - si sono uniti i produttori “tradizionalisti” di Barolo (Cappellano, Rinaldi, Mascarello), biologici, come Cascina degli Ulivi e Loaker, produttori affermati come Stoppa, Vodopivec, Zidarich, Castello di Lispida.
La curiosità e l’interesse del pubblico è forte sia per i grandi Chateux e Domaines francesi, fra i quali la “Coulé de Serrrant” di Nicolas Joly, esponente di spicco della biodinamica, sia per i vini di piccoli produttori. I prezzi sono abbastanza elevati perché non usare i diserbanti e i concimi chimici costa e in Francia c’è anche chi, lavora la terra con il cavallo a tutto vantaggio della vite, come Marc Angeli della Ferme de la Sansonnière che ha impiantato «i vigneti così vicini che il trattore non può passare». Perché con la biodinamica non sempre le cose vanno bene, spiega Jacques Sallé di Silice de Quincy, «e i sacrifici sono grandi». A volte il terreno e impervio, come in Alsazia dov’è situato il Domaine Zind Humbrecht: «Da noi la pendenza è del 50% e anche superiore - racconta Geneviève Humbrecht - ma le malattie rarissime». Corinne Roch, di Domaine Prieure Roch: «Più si lavora naturalmente, più il vigneto ha difese naturali». Suo marito, Henry-Frederic Roch, è nipote di uno dei due proprietari di Romanée Conti, il mito della Borgona, di cui condivide la gestione. Ha creato una sua azienda, Domain Prieure Roch, dove produce solo vini naturali. E il suo premier cru, il Clos des Corvées, pinot noir in purezza, ha un solo difetto, il prezzo: 190 euro. (arretrato de Il Secolo XIX dell'8 aprile 2006)
Autore: Egle Pagano

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