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Il Sole 24 Ore

Vino in pegno nell’attesa della ripresa dei mercati ... Linee di credito con la garanzia del prodotto invecchiato per i maggiori consorzi, ma l’export dà i primi segnali di ripartenza... La ripresa per il vino italiano è già una realtà. Una realtà che sul piano dell’export e delle vendite sta andando oltre le più rosee aspettative in particolare per i prodotti di maggiore qualità e valore aggiunto che sono quelli che più hanno pagato durante la pandemia. Certo sullo sfondo c’è l’incognita della variante Delta che potrebbe rimettere in discussione la ripartenza di bar e ristoranti (un canale che per il vino europeo vale il 30% dei volumi e il 50% dei valori) oggi invece evidente a occhio nudo nelle città italiane e nei luoghi di villeggiatura, ma c’è anche grande fiducia nella campagna vaccinale che si spera possa portare pres,to all’immunità di gregge evitando nuove riscrizioni e chiusure: L’impatto della pandemia è stato pesante: le esportazioni sono calate del 2,3% stoppando un trend di crescita ininterrotta durato quindici anni. Ma soprattutto il Covid-19 ha lasciato il segno sul mercato interno. Nonostante il veloce riposizionamento di molte cantine dalla ristorazione alla grande distribuzione e la grande crescita di vendite dirette e online (con siti aziendali e con le grandi piattaforme online) secondo le stime dell’Unione italiana vini nel 2020 si sono registrati minori vendite per oltre 1,5 miliardi di euro (Coldiretti stima 220 milioni di bottiglie invendute) e si registrano circa 500 milioni di euro di crediti incagliati. Una situazione di indubbia pesantezza che si sta gestendo in parte con uno strumento nuovo: gli accordi sul pegno rotativo (ovvero linee di credito aperte dando in garanzia il vino sottoposto a invecchiamento in cantina) stipulati in questi mesi dai principali consorzi del vino italiano (dal Barolo al Chianti Classico, dal Brunello di Montalcino al Nobile di Montepul-ciano, dalla Valpolicella a Bolgheri e al Morellino di Scansano solo per citarne alcuni) e dai principali istituti di credito (da Unicredit a Intesa San Paolo, dal Monte dei Paschi alle Banche di credito cooperativo) affiancati sul piano della valutazione delle scorte date in pegno da Federdoc e Valoritaha. Uno strumento che in passato era stato attivato peri formaggi e i salumi ma non ancora per il vino. Ma non c’è dubbio che il miglior balsamo per uscire dalla crisi sia la ripartenza delle vendite e dei mercati. E sotto questo aspetto nelle scorse settimane qualche indicazione positiva è giunta dall’Osservatorio di Nomisma, Wine Monitor. “Secondo i dati delle Dogane statunitensi relativi ai primi cinque mesi dell’anno - ha detto il responsabile di Wine Monitor, Denis Pantini - la ripartenza sul mercato Usa, il primo al mondo per consumi di vino ancora non c’è. I principali paesi esportatori come Italia e Francia ancora non hanno recuperato le perdite 2020. Ma qualcosa si sta muovendo. Osservando le vendite mese su mese si evidenzia che ad aprile l’import di vini fermi è aumentato del 15% rispetto ad aprile 2020 con un +31% per l’Italia e un +30% per la Francia. Meglio ancora fanno segnare gli spumanti con un +46% com-plessivo che premia la Francia (+89%) più dell’Italia (+14%)”. E cifre ancora più positive vengono dalle vendite delle “fascette” di Stato, ovvero le prenotazioni dei contrassegni effettuate dalle cantine e che spesso seguono gli ordinativi effettuati dal mercato garantendo così una sorta di preview in tempo reale sul fatturato. Proprio due dei principali vini premium Made in Italy ovvero Brunello di Montalcino e Amarone della Valpolicella hanno fatto registrare nelle scorse settimane numeri record anche grazie allo sbarco sul mercato di due annate di grande qualità la 2015 e la 2016. “Nei primi quattro mesi del 2021- ha detto il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino. Fabrizio Bindocci - la vendita di fascette è aumentatadel 38%, incremento che sale al +43% se valutato rispetto alla media 2018-20”. Risultati in linea con quelli di un’altra etichetta simbolo del made in Italy: l’Amarone della Valpolicella. “Nei primi 5 mesi del 2021- ha spiegato il presidente del Consorzio vini della Valpolicella. Christian Marchesini la crescita complessiva dei contrassegni per tutta la denominazione è stata del 18% con un autentico boom i per l’Amarone che nei primi 5 mesi dell’anno è volato a più 38%. In totale si tratta di 7,4 milioni di bottiglie di o Amarone immesse sul mercato, 2 Milioni in più rispetto allo scorso anno”. Un altro segnale importante è venuto dal Consorzio del Lugana il vino o bianco gardesano che da anni registra le migliori quotazioni all’origine per il il bianco. Nei giorni scorsi dopo la crescita registrata nei primi tre mesi dell’anno sia negli imbottigliamenti (+11,5%) che nei prezzi (+23% per le e uve e +69% per il vino sfuso) il consorzio ha chiesto di sbloccare il 50% dei e volumi di vinoche lo scorso anno erano stati stoccati in via precauzionale. Di fatto il revenge spending agroalimentare che tanti avevano profetizzato nel lockdown è una realtà tanto che non mancano da Nord a Sud del paese cantine che a denti stretti ammettono “a metà anno abbiamo recuperato le perdite 2020 e registriamo dati in crescita anche sul 2019”.

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