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Il Sole 24 Ore

Enoturismo e cibo saranno i punti di forza delle cantine … Un documento elaborato dai big del vino indica le priorità e le strategie per essere sempre più protagonisti nel prossimo decennio… La pandemia porta consiglio. Almeno al mondo del vino italiano. Un nutrito e articolato gruppo di imprenditori e manager di alcune tra le principali cantine italiane (da Bertani e Frescobaldi, da Terra Moretti e Ferrari Spumanti comprese importanti cooperative) insieme con consulenti e giuristi del vino si è riunito in un gruppo di lavoro per analizzare potenzialità e punti di debolezza del settore e tratteggiarne le traiettorie di sviluppo future. Il lavoro si è articolato in sei distinti tavoli su identità e posizionamento, enoturismo, merger & acquisition, potenziale produttivo e gestione dell'offerta, comunicazione e formazione oltre a due appendici su digitalizzazione e sostenibilità. Ne è scaturito un documento ricco di spunti e indicazioni che sarà presentato nei dettagli il prossimo 15 dicembre alla Fiera di Verona. “Innanzitutto – spiega il ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto, tra i promotori del think tank Vision2030 – con questo progetto non formuliamo alcuna richiesta alle istituzioni come qualcuno si è affrettato a dire. Il nostro obiettivo è far sentire la voce delle imprese e dei soggetti che quotidianamente sono a contatto con il mercato. Su quali sono le nostre priorità per il futuro del vino italiano. Se poi le istituzioni ci vorranno seguire, il nostro è un gruppo di lavoro aperto. In tutti i modi noi faremo la nostra parte anche da soli”. Ne è scaturito un positioning paper denso di proposte significative anche se alcuni pilastri forse rivestono un ruolo strategico maggiore di altri. “Punto di partenza di tutto – spiega Nicoletto – è l’identità e il posizionamento. Cosa vuole essere il vino italiano. Come vuole proporsi ai mercati. Abbiamo provato a individuare un messaggio univoco di immediata comprensione per il consumatore internazionale. In particolare, per quelli di paesi lontani che non conoscono l’Italia e le grandi differenze dei nostri territori”. Un nodo davvero complesso che però al comitato Vision2030 ritengono di aver sciolto. “Il vino italiano deve puntare sulla propria capacità di abbinamento al cibo – aggiunge Nicoletto –. È il miglior valorizzatore possibile dell’esperienza gastronomica. Un messaggio-ombrello che ci differenzia dai competitor e non fa torto a nessuno. Anzi all’interno di questo messaggio univoco da anteporre alle oltre 500 Doc e ai mille territori, ognuno poi promuoverà la propria diversità, caratteristiche e modalità di consumo: gli spumanti da aperitivo, i vini da pesce o quelli da dessert”. Altro grande pilastro per lo sviluppo futuro è quello che è già stato un driver della crescita recente: l’enoturismo. “Il turismo del vino deve ora compiere un salto di qualità – aggiunge Nicoletto -. Riveste un ruolo troppo importante per essere lasciato all’improvvisazione. È infatti una leva di vendita, persino di export (con gli stranieri che acquistano e si fanno spedire a casa le bottiglie), ma al tempo stesso anche strumento di comunicazione. Il salto di qualità verrà dalla digitalizzazione che offre l’opportunità di profilare i winelover in base alle proprie preferenze differenziando chi desidera il trekking nei vigneti da chi vuole un confronto con l’enologo su fermentazioni e barrique, chi vuole informazioni di mercato da chi invece preferisce solo acquistare il vino. Creando così percorsi personalizzati ed evitando di accomunare tutti in un’unica esperienza che talvolta alcuni trovano confusionaria e decidono di non ripetere”. Come accennato, il dossier Vision2030 affronta tanti temi come il ruolo dei consorzi di tutela, le politiche di gestione dell’offerta, ma pone anche alcuni interrogativi di politica vitivinicola come le varietà sulle quali investire in futuro. Il Vermentino, ad esempio, potrebbe essere sperimentato anche altrove rispetto all’area tirrenica (Sardegna, costa toscana e Liguria) che ne è attualmente il bacino di elezione. E infine il tema della formazione. Un tema affrontato in una modalità inedita e cioè non solo come qualcosa che attiene esclusivamente alle giovani generazioni (per le quali vanno predisposti percorsi di avvicinamento al settore più semplici e flessibili) ma anche per chi già opera in azienda o per chi ne è addirittura proprietario. “Bisogna investire in strumenti flessibili per i giovani – ha aggiunto il coordinatore del tavolo e ad del gruppo Terra Moretti, Massimo Tuzzi – e su una banca dati nazionale per stage e tirocini. Ma non solo. Occorre formare anche i quadri che spesso mostrano un deficit di managerialità fino ad arrivare al tema al tema della ‘formazione della proprietà’. Anche chi controlla la cantina deve aprirsi a forme di governance che favoriscano l’arrivo dall’esterno di soggetti portatori di competenze e visioni diverse. Laddove è successo si è tramutato in un elemento di crescita per l’intera azienda”.

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