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Il Sole 24 Ore

Montepulciano vs Montepulciano. La disfida tra Toscana e Abruzzo … Da anni i due consorzi si contendono l’uso del nome a colpi di carte bollate. Intanto sui mercati internazionali si fa strada il Montepulciano argentino... Montepulciano contro Montepulciano. Da una parte il Vino Nobile del piccolo comune in provincia di Siena, dall’altra i 10mila produttori del Consorzio che tutela i vini d’Abruzzo. Chi ha “più” diritto a utilizzare la denominazione Montepulciano? Per la legge italiana, entrambi: il Nobile ha ottenuto la Doc nel 1966, mentre il Montepulciano d’Abruzzo ha festeggiato giusto quindici giorni fa i 50 anni della Denominazione. Cinque decenni di convivenza non sempre tranquilla. L’ultima puntata di questa disfida campanilistica a suon di carte bollate l’ha scritta il consorzio abruzzese a fine luglio, annunciando di aver vinto dopo cinque anni il ricorso all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi: “La registrazione come marchio collettivo del vino Montepulciano d’Abruzzo segna un passo decisivo per superare definitivamente la diatriba con il Vino Nobile di Montepulciano”, dichiara per l’occasione Valentino Di Campli, presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo. Neanche a dirlo, i toscani non ci stanno: “Dal punto di vista concettuale - spiega Paolo Solini, direttore del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano - la Denominazione d’origine dovrebbe pone l’accento sul luogo. E infatti il Nobile viene fatto nel Comune di Montepulciano. Il Montepulciano della denominazione abruzzese, invece, non fa riferimento a un luogo ma a un vitigno, il Montepulciano Nero, che oggi viene sempre più coltivato nel mondo. Ci puntano gli argentini nella zona di Mendoza, ma anche concorrenti agguerriti come l’Australia e la Nuova Zelanda. Ora, la tutela delle etichette in Europa è forte, ma altrove no. E se anche i produttori di Mendoza possono scrivere “Montepulciano” sulle loro bottiglie, è ovvio che noi ci dobbiamo tutelare”. Tra Nobile (che è fatto con uve Sangiovese), Rosso e Vin Santo, il consorzio toscano produce 10 milioni di bottiglie e ne esporta più o meno 8 milioni. Negli anni, il Montepulciano d’Abruzzo ha messo a segno una rincorsa serrata: oggi la sua Doc è più grande di quella del Chianti, seconda in Italia solo al Pinot Grigio tra i vini fermi, e di bottiglie arriva a produrne 100 milioni, il 70% delle quali destinate all’export. Se insomma per quarant’anni il Consorzio toscano non ha avuto molto da ridire, è perché nessuno aveva attentato alle sue quote sui mercati internazionali. Nel 2010 il comune senese vede uno spiraglio in un regolamento comunitario e getta il sasso nello stagno: fa ricorso sull’utilizzo di Montepulciano come denominazione geografica e il Tribunale del Lussemburgo gli dà ragione. Seguono due anni di contestazioni, poi nel 2012 il “patto fra gentiluomini”, come lo chiama Solini: “Le armi vengono deposte - racconta - e i due consorzi, con la Regione Toscana, la Regione Abruzzo e il Governo si impegnano a tutelare entrambi i marchi e a promuoverli insieme nel mondo come eccellenze italiane”. Pace fatta? Solo per poco, perché il Consorzio toscano chiede e ottiene la registrazione del marchio collettivo “Vino Nobile di Montepulciano”. E quando il Consorzio abruzzese presenta omologa richiesta all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, i toscani fanno ricorso al ministero dello Sviluppo economico e lo bloccano. “Quando hanno fatto opposizione alla nostra richiesta di registrazione ci siamo ritrovati spiazzati - racconta Valentino Di Campli, il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo -. Il fatto è che anche noi dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere la nostra denominazione, ora che il vitigno Montepulciano Nero comincia a essere prodotto anche altrove. Io non vorrei alimentare questa polemica, ma abbiamo perso cinque anni e ora vogliamo ricominciare da lì, dal protocollo d’intesa firmato nel 2012”. Il Consorzio del Nobile, invece, per un attimo ha pensato ancora all’ennesimo ricorso, questa volta davanti al tribunale ordinario. “Ma siamo un piccolo comune, contro una regione intera”, ammette sconsolato Solini, e così per ora si accontenta di ricordare sulle bottiglie che Montepulciano è in Toscana, e in fatto di vini questo è un discreto biglietto da visita. “Per molti versi - aggiunge con un pizzico di malizia Solini - la disfida del Montepulciano ricordala battaglia tra il vitigno friulano e l’Ungheria per il Tocai”. Allora la spuntarono gli ungheresi, con la tesi del luogo d’origine.

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