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Il Sole 24 Ore

I vini d’Abruzzo si riorganizzano e guardano al modello francese … Avviato un importante percorso di ristrutturazione. Il presidente del Consorzio Vini d’Abruzzo Di Campi : “Semplificazione delle etichette e rafforzamento dell’identita”. Record di export nel 2021… Una riorganizzazione in “salsa” francese per i vini d’Abruzzo. Un importante percorso di ristrutturazione, semplificazione e rafforzamento identitario dell’intero sistema delle denominazioni d’origine è stato avviato da tempo dal Consorzio Vini d’Abruzzo anche se probabilmente le tempistiche burocratiche non consentiranno di rendere operativo il nuovo impianto già dalla vendemmia 2022. Ma la strada è ormai tracciata. Le modifiche ai disciplinari di produzione sono state già varate al Comitato vini del ministero delle Politiche’agricole a inizio marzo. Una prima tranche delle nuove norme è stata anche già pubblicata in Gazzetta ufficiale e le altre sono in via di pubblicazione. “I due obiettivi principali - spiega il presidente del Consorzio vini d’Abruzzo, Valentino Di Campli - sono stati quelli della semplificazione delle etichette e del rafforzamento dell’identità. La prima novità importante che abbiamo introdotto è la sostituzione delle precedenti otto Igt regionali con un unico marchio a indicazione geografica Terre d’Abruzzo. Questa modifica ci consentirà di riportare il riferimento “d’Abruzzo” su tutte le nostre bottiglie. Riferimenti territoriali più specifici saranno poi recuperati ma per caratterizzare comunque vini che dovranno però essere di categoria “superiore””. È in questo senso che al Consorzio hanno seguito una via francese. Oltralpe, infatti, il termine trainante in etichettatura è quello di un’area vasta come la Borgogna, lo Champagne, Bordeaux e solo dopo, e comunque per contrassegnare una particolare qualità produttiva, si arriva a indicare zone più ristrette fino a singoli cru o vigne. Ma sempre in modo proporzionale alla crescita qualitativa. “Nel nostro caso invece finora nomi specifici come “colline pescaresi” o “colline di Chieti” erano semplici Igt - aggiunge Di Campli -. Con questa riorganizzazione invece tali indicazioni verranno non solo recuperate ma anche valorizzate insieme alla qualità dei vini”. In futuro quindi ci sarà una entry level che sarà data da Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo che avranno tutti l’indicazione “d’Abruzzo” cui seguiranno denominazioni superiori con riferimenti geografici più specifici. Questo nuovo assetto sarà in qualche modo anche oggetto di valutazione da parte dei soci del consorzio quando, alla fine del prossimo mese di luglio, l’assemblea sarà chiamata a discutere delle nuove cariche sociali. “Nella govemance del Consorzio - ha aggiunto di Campli – c’è sempre stata una netta prevalenza del mondo cooperativo e in particolare del territorio di Chieti, aspetti che rispecchiavano il reale peso produttivo. Tuttavia, in futuro, e nell’impostazione che abbiamo voluto dare, ci sarà più spazio ai territori che siano sottozone o denominazioni già riconosciute. Sono fiducioso che questa impostazione che abbiamo voluto dare al nuovo corso del vino abruzzese possa essere confermata dal voto dei soci”. Il Consorzio Vini d’Abruzzo getta quindi le basi per lo sviluppo futuro senza però dimenticare che il recente passato ha comunque registrato risultati di tutto rilievo. “Nel 2021 siamo riusciti a imbottigliare oltre 800mila ettolitri di vino - ha detto ancora Di Campli - che rappresenta il nostro record storico. Di questi circa 107 milioni di bottiglie sono di Montepulciano ai quali vanno aggiunti 35 milioni circa che a loro volta sono suddivisi tra Trebbiano (13 milioni), Cerasuolo (circa 10 milioni) e i restanti io milioni circa suddivisi tra le altre varietà autoctone. “In anni recenti stiamo assistendo - ha detto ancora il presidente del Consorzio - a un ridimensionamento del Trebbiano a favore degli autoctoni Pecorino, Passerina, Cococciola, Montonico. Alcune di queste varietà, in particolare quelle a bacca bianca stanno incontrando il gusto dei consumatori anche nella tipologia spumante”. A completare l’elenco delle varietà coltivate in regione anche Pinot grigio e Chardonnay che però complessivamente non occupano più del 10% dei vigneti abruzzesi. Il trend di consolidamento dei vitigni autoctoni in regione è stato inoltre confermato di recente anche dai dati sul vigneto Italia messi a punto dall’Osservatorio dell’Unione italiana vini e che ha rilevato come l’Abruzzo sia stato, nell’ultimo quinquennio, tra le principali regioni italiane per la realizzazione di nuovi vigneti con 2.441 nuovi ettari impiantati tra il 2016 e il 2021 (pari a una crescita del 7,7% in cinque anni). Uno sviluppo che è stato trainato proprio dalle nuove varietà autoctone. “A completare il quadro positivo del 2021 - ha concluso Di Campli -l’ottima performance dell’export che ha superato per la prima volta la soglia dei 200 milioni di euro di fatturato trainata dalla Germania che, dopo la pandemia, è tornata a correre in maniera sostanziosa premiando i vini abruzzesi”.

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