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Il Sole 24 Ore

Vini di pregio, l’asset batte arte e gioielli … Dalle aste agli investimenti, da domani con il Sole la guida “Vino & Finanza”… Più che un “bene rifugio”, un “bene cantina”. Dopo anni in cui investire in bottiglie di pregio era puro divertissement adesso il rapporto tra vino e finanza è profondamente cambiato. Resta un segmento all’intero di un portafoglio diversificato di investimenti, ma è sempre meno una scommessa al buio e sempre più una scelta effettuata anche grazie all’affiancamento di esperti, con cognizione di causa. E questo emerge dai risultati. Negli ultimi dieci anni i rendimenti dei vini di pregio sono cresciuti del 231%, facendo meglio di quelli dei gioielli (+1 %) e delle opered’arte(113%). E così accanto alle aste (è notizia di questi giorni un appuntamento dedicato ad aprile da Sotheby’s esclusivamente al Masseto, uno dei vini italiani più celebri) che si sono evolute e aggiornate, sono nate piattaforme di valutazione dei vini specializzate con un focus sui vini rari, indici focalizzati solo sulle performance di mercato dei Premium Wines differenziati anche per singole annate, NFT (Non Fungible Token) dedicati ai vini che hanno affiancato i vecchi future sulle vendite enprimeur. E a questa nuova stagione si sono adeguati anche i Master of Wines, i superesperti del vino nati nel 1953 per promuovere l'eccellenza e che oggi sono in prima fila nel consigliare quelle che possiamo definire “red chip” visto che i vini da investimento sono soprattutto rossi. A questa nuova stagione eno finanziaria è dedicato la Guida “Vino & Finanza: dalle aste per le bottiglie cimelio agli investimenti nelle cantine” in edicola con il Sole 24 Ore (al prezzo di un euro) il prossimo 29 marzo. Ma quali sono le bottiglie da investimento? Non più di 100-150 etichette al mondo. Di questi circa 7o-8o francesi, tra i 20 e i 3o italiani, poi in misura minore Napa Valley e poco altro. Brand che per storia, prestigio e qualità riconosciuta che vengono da territori rinomati, prodotti in vendemmie perfette con capacità acclarata di durare nel tempo. Solo per fare qualche nome Château Lafite, Château Margaux, Château Mouton Rothschild, Château Haut-Brion, Cheval Blanc, Petrus, d’Yquem. La Borgogna con Domaine Romanée-Conti, Rousseau, Henri Jayer. Gli Champagne Dom Perignon, Krug, Roederer, Bollinger, Pol Roger. In Italia, Sassicaia, Tignanello, Solaia e a seguire Ornellala, Masseto, Barolo Monfortino di Conterno, i cru di Gaja, Case Basse di Soldera, Biondi Santi con le Riserve di Brunello. In questa che è sempre meno una moda e sempre più un business riveste un ruolo centrale la conservazione di quello che resta un prodotto che può migliorare nel tempo, ma anche deteriorarsi e perdere le sue caratteristiche qualitative. Conservazione che oggi è garantita dalle nuove tecnologie e da certificazioni che soprattutto i brand di vini premium riescono a offrire alla loro selezionata clientela Garanzie che invece è molto più complesso rendere disponibili sulle bottiglie più vecchie quando le tecnologie di cantina erano più arretrate. In quel caso restano gli atti notarili relativi alle operazioni di stappatura, assaggio, rabbocco e ritappatura effettuati negli anni. Ma sulla tenuta dei tappi in realtà non esistono garanzie in grado di esdudere ogni rischio. D'altro canto, quale investimento non ha almeno un margine di alea? Il nuovo rapporto tra vino e finanza non è solo quello di chi acquista vino ma anche di chi investe in cantine. I12022 sotto questo profilo è stato uno spartiacque con una vera escalation di investimenti da parte di fondi finanziari in cantine made in Italy. Un importante riconoscimento per un settore che negli anni di pandemia ha mostrato una grande resilienza continuando a produrre, esportare e a macinare risultati positivi.

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